Mandela, una minuscola comunità della valle dell’Aniene. Il corpo senza vita, martoriato e seviziato di una donna viene rinvenuto in un fosso coperto alla meno peggio da frasche e arbusti. Si tratta di Margerita Lazzerini, una giovane donna della zona. A denunciarne la scomparsa solo pochi giorni prima era stato suo marito Giulio Begucci. L’uomo si era presentato affranto in questura dichiarando che la consorte aveva lasciato poche ore prima lui e i suoi due gemelli di pochi mesi durante un sereno pic nic per andare a prendere il cellulare dalla macchina posteggiata poco distante, ma da lì non aveva mai fatto ritorno. A raccogliere quella prima drammatica testimonianza è stato il commissario Andrea Valente, a cui quelle parole hanno inevitabilmente rimestato dentro una ferita ancora troppo sanguinante. Anche Alice, la madre di suo figlio, li ha abbandonati al loro destino e alla sua malattia e ora Andrea non può che provare empatia e immedesimarsi nell’angoscia che pare travolgere il Begucci. Chi è meno incline a credere alla versione dell’uomo è il suo nuovo collega, l’ispettore Marco Alfieri, ma di questo Valente non se ne stupisce affatto, visto che ha inquadrato quell’uomo in meno di cinque minuti. Curriculum da raccomandato di ferro, ritardo al primo appuntamento di lavoro e soprattutto un’oscura vicenda passata che pesa su di lui come un macigno. Eppure quando le luci dei media si accendono su quel terribile delitto e da Roma arriva il commissario della Mobile Francesca Ralli, appare subito chiaro a tutti che il mostro assassino è proprio l’affranto e inconsolabile marito. Ma sarà proprio così?
Luca Poldelmengo riprende le fila del suo romanzo L’uomo nero riportando in scena l’ispettore Marco Alfieri e il suo debito verso sua sorella ancora tutto da saldare. Accanto a lui Andrea Valente, il commissario della stazione di polizia – impropriamente chiamata commissariato – di Mandela, un piccolo comune della provincia romana che improvvisamente si risveglia dal suo torpore artefatto per finire suo malgrado sotto i riflettori di media e televisioni nazionali. C’è l’ennesimo mostro da sbattere in prima pagina. Una donna trovata seviziata in un fossato e suo marito che ha più di uno scheletro nell’armadio sono manna infatti per il voyeurismo di telegiornali e talk-show televisivi assetati di morbosità da mandare in onda h24. Anche lui come Alfieri ha la sua vendetta da consumare e forse è per questo che già dopo la prima “annusata” col nuovo arrivato, ha deciso di detestarlo. A loro viene affiancata una vecchia conoscenza di Valente, il commissario Francesca Ralli, bella e decisa all’esterno, fragile e sull’orlo di un crollo emotivo all’interno. Mentre l’indagine scorre ed evolve finendo stritolata nel becero e libidinoso guardonismo di massa sono le evoluzioni di queste tre fragilità, la faticosa osmosi tra pubblico e privato, fra debolezza e autorità, a scandire perfettamente il tempo del romanzo. Poldelmengo è molto bravo a modulare la storia principale, il fatto di sangue, proprio sui tre protagonisti, scambiando spesso i piani fino a far scivolare l’omicidio sul loro sfondo. Perché in fondo ‒ come si legge quasi sui titoli di coda – cosa sono la morale, la giustizia, il perdono, la vendetta, il bene, il male se non semplicemente i pregiudizi di Dio?