Due gemelli rasta innamorati di Bob Marley e della marijuana, una bambina sputata (stuprata come si capirà leggendo) dallo zio e co-personaggi divertenti come un camorrista in erba di nome Pasquale. Ambientato in un istituto bolognese per minori, gestito da suore, il romanzo di Jadelin Mabiala Gangbo (classe76, congolese di nascita, italiano dadozione, oggi residente a Londra) ripercorre con la voce narrante spontanea di Daniel (uno dei gemelli) gioie e dolori, delusioni e speranze di un gruppo di ragazzini che, lontano dalle proprie famiglie, si trova a reinventarsi una vita contando solo su di sé. Il romanzo di formazione di un bambino che ha cercato di difendersi dal dolore con la corazza dellimmaginazione e che per diventare grande dovrà guardare in faccia la realtà. Ma saprà salvarsi grazie alla forza dellamore.
La vicenda pare autobiografica.
«Sì Daniel sono io. Con questo romanzo sono riuscito a ripercorrere alcuni episodi della mia infanzia. In particolare volevo comprendere, a distanza di anni, il rapporto che mi legava a una ragazzina attratta dal sesso. Avevo iniziato a scrivere il libro diei anni fa, ma era presto. Ora ce lho fatta».
Quali difficoltà hai incontrato?
«Soprattutto trovare e poi conservare il tono giusto della voce narrante. Oltre ovviamente a dover parlare della mia storia».
Il titolo due volte dice che cè sempre una seconda chance?
Sono convinto che possiamo sempre scegliere, se ne abbiamo il coraggio. Nel libro molte azioni si ripetono due volte. E il due richiama i gemelli».
Lei è nato nel Congo, ma dalletà di 4 anni, fino a poco fa, ha vissuto in Italia. Si sente uno scrittore migrante?
«È una definizione che mi stanca. La considero riduttiva, come letteratura delle donne e letteratura gay. Per me si tratta semplicemente di letteratura».