Una città del Sud, più o meno profondo. Una per tutte, chiunque vi potrà riconoscere la sua e non è affatto vero che al Nord se la passino meglio, che tutto il mondo è paese… Dunque, una città paradigma degli affari, del malaffare, del voto di scambio, della concussione e corruzione che gira per questa Italia, con qualche omicidio in più, ordinaria amministrazione per Antonio Bosdaves, il capitano triste, il Carabiniere depresso, origini strettamente meridionali in barba al cognome indefinibile.
Il protagonista del primo romanzo di Carlo Mazza riappare nel secondo, “Il cromosoma dell’orchidea”, pubblicato dalle Edizioni E/O nel 2014 (pp. 219, euro 16,50) nella collana Sabot/age, diretta dall’ottimo Massimo Carlotto. È stata del resto la casa editrice romana ad ospitare il titolo d’esordio dello scrittore barese sessantenne, bancario di professione, che nel 2011 ha sorpreso i critici e conquistato i lettori con il giallo-nero “Lupi di fronte al mare”.
Un noir anche questo, però alla maniera colorata del Sud, criminale ma vivace, tosto ma inzuppato di zucchero come un babà, succoso e agrodolce come certi frutti. Non tutto dark, non crime-fiction e basta, è narrativa molto articolata, con un retrogusto comunque amaro, perché non ci si lasci ingannare: qui quello ch’è scuro è ancora più buio, proprio perché il resto è accecato dal sole.
Mazza ha rinunciato al dialetto barese del primo romanzo, ma siamo lì, la città è quella, in controluce, anche se le riassume un po’ tutte, ad eccezione di Napoli, visto che non c’è traccia di guapparia partenopea.
L’autore sviluppa con calma una bella storia di brutte faccende. I capitoli sono brevi, il modo di raccontare si è fatto ampio e puntuale, i personaggi prendono corpo e carattere poco a poco e così le loro vicende. Un avanti adagio, tutt’altro che noioso però, perché l’azione serpeggia sotto pelle, come si addice alla malavita e a quella parte della società civile che agisce in modo guasto, irregolare, in contiguità con i cervelli criminali. Il Mezzogiorno si compiace di sembrare sonnacchioso, ma è attraversato da una tensione rabbiosa. Si conferma caloroso, in tanti dei suoi aspetti, ma in certi settori non si vergogna affatto di mostrarsi chiuso, omertoso, familista e amorale.
Nei romanzi di Mazza si rivelano, come si diceva, tutti i difetti, gli abusi, i dissesti dell’Italia di oggi, pubblici (soprattutto) e privati, istituzionali e familiari, collettivi e individuali. Dove tanti sono Gattopardi, non manca però qualche Don Chisciotte. Bosdaves è uno di quei rari esemplari, un cavaliere solitario, un lone ranger, come il personaggio di vecchi fumetti in bianco e nero. Dopo un anno di separazione e di sindrome da esclusione, è tornato a casa e si sta sforzando di dimostrare alla moglie Irene che vale ancora la pena di provare a stare insieme, per il bene dei figli.
Le sue ambasce familiari sono comunque ben diverse da quelle elettorali che affliggono Gabriele Lovero, sindaco uscente a caccia di riconferma nelle imminenti amministrative. Sulle prime, i nodi esistenziali del capitano hanno poco a che vedere con le pene politiche del candidato, messo di fronte alla scelta di rinunciare a vincere il ballottaggio per la poltrona di primo cittadino o di accettare il pacchetto di voti decisivo del senatore Barracane, una perfetta macchina di consensi artificiali, ma che non si mette in moto per niente… poche cose, dice, cortesie tra amici, palazzinari che vorrebbero valorizzare, con opportune modifiche al piano regolatore, certi terreni già comprati come agricoli e trasformati in edificabili. Per non dire di lottizzazioni in aree esposte a rischi idrogeologici.
Mettiamola così, i soci del consorzio leader del mercato edilizio si impegnano a versare 100.000 euro a testa per la campagna elettorale del sindaco, in più gli offrono voce in capitolo nell’assunzione degli operai nei cantieri. In cambio, chiedono più elasticità da parte dei dirigenti comunali e meno rigore nell’esame delle pratiche. Tradotto: un’operazione clientelare, chiaro voto di scambio.
È curioso che Carlo Mazza non scelga i cognomi a caso, hanno un significato, diretto o contrario. Barracane è una sintesi tra barracuda e pescecane, Vinciguerra uno che perde la battaglia per la vita, Martina Bizantino una militante della verità, una giornalista che invece di spaccare il capello in quattro, va avanti a costo di spaccare tutto.
Molta luce tante ombre nel Sud, rivelato da “Il cromosoma dell’orchidea”. Del resto il malaffare va avanti così, in tutte le latitudini: si nutre del buio, ha bisogno di silenzi come del pane.
E a volte il fango non è solo sporcizia, è anche uno strumento di giustizia, a caro, carissimo prezzo.