Ogni anno, tra gli appuntamenti irrinunciabili, c’è quello di “Più libri, più liberi”, Fiera della Piccola e Media editoria che si tiene a Roma agli inizi di dicembre.
Uno dei motivi per cui è diventato irrinunciabile questo appuntamento è il fatto di poter fare due chiacchiere in tranquillità – mai troppa in realtà, il rischio di monopolizzare è sempre lì dietro l’angolo – con Massimo (Carlotto) e Piergiorgio (Pulixi). Questa Fiera è una delle purtroppo poche occasioni. Anche la scorsa edizione non ha fatto differenza.
Anche se più del solito, un po’ Piergiorgio lo ho monopolizzato. Cercando uno stand che gli era stato consigliato abbiamo potuto fare due chiacchiere sul suo ultimo (all’epoca, ore penultimo) libro, Per Sempre. Gli ho confidato che mai mi era accaduto di svegliarmi una notte – e diverse settimane dopo averlo finito – con in testa una scena da lui raccontata. I libri di Piergiorgio sono così, vivi, come le immagini che la sua scrittura restituisce. A questa mia confidenza mi ha raccontato di essersi posto il problema della violenza nei suoi libri, uno dei motivi che lo stavano spingendo a chiudere con la saga di Biagio Mazzeo.
Siamo poi finiti a parlare di altri scrittori, soffermandoci su Don Winlsow e sul suo Il Cartello. Lui lo aveva già letto, io ero in corso d’opera. Gli dissi che, finalmente, era tornato il Winslow che amavo, dopo opere per lui senza dubbio non all’altezza. Ricordo la risposta di Piergiorgio che faceva su per giù così “questo è il suo lavoro, quando deve fare ricerca, mettere insieme fonti e documenti, i risultati si vedono”. Sì, forse le parole usate non erano proprio queste – mi perdonerà il virgolettato – ma il senso lo era.
Tutta questa larga premessa per dire che leggendo il suo ultimo libro, Prima di dirti addio, ho più volte pensato a questa frase. Di libro in libro ho pensato alla crescita di Piergiorgio come scrittore. Una brutta storia era un incoraggiante inizio, La Notte delle Pantere la conferma. Per sempre il libro di cui si ha paura, il rischio di una saga è farla cadere nella banalità, nel ripetitivo. Invece l’esame fu superato alla grande. Prima di dirti addio è qualcosa che ti lascia pensare a quanto abbia davanti a se Pulixi (qui val la pena usare il cognome perché la dinamica personale si trasforma in qualcosa di molto più ampio, dal Piergiorgio amico si passa al Pulixi scrittore). Ho pensato alla frase che mi disse su Don Winslow perché lui fa la stessa cosa, una cosa che nei precedenti libri non era così evidente e forse neanche troppo presente. Fa ricerca, mette insieme fonti, documenti. Usa un romanzo per raccontare la realtà, quella del traffico di droga e di armi, della criminalità organizzata e del terrorismo, delle banche e dei governi. Per raccontare i loro legami.
Il libro si apre con un leaks, un leak in cui anche io mi imbattei non molti mesi fa nello scrivere uno dei tanti approfondimenti per la campagna sulle droghe (Non me la spacci giusta) che l’organizzazione per cui lavoro ha promosso. E prosegue. Prosegue lungo i tentacoli che quel leak nasconde e che numerose indagini e ammissioni hanno svelato.
Biagio Mazzeo non è più un poliziotto confinato nella sua Giungla. Ora si scontra con una realtà che va oltre alla sua più fervida immaginazione. Una guerra, globale, dove il confine tra bene e male è sempre più sfumato. E se un bene esiste in questa storia, non è che la faccia migliore del male stesso.
Prima di dirti addio è un romanzo che interroga perché racconta di un mondo che viviamo ogni giorno. Fa inchiesta. Esalta la potenza della scrittura. Arrivare a questi punti non è facile. E non è facile farlo senza retorica, banalità, forzature.
Diciamo addio a Biagio Mazzeo e alle pantere convinti che prime di dire addio a Piergiorgio Pulixi ce ne passerà…