Al suo romanzo d'esordio, la giornalista Lara Santoro firma un viaggio appassionato nel continente messo in ginocchio dalla corruzione delle istituzioni e dalle multinazionali interessate solamente ai propri guadagni
Dopo tanti anni da reporter in Africa dl 1996 al 2002 perlopiù impegnata in territori di guerra la cronaca cominciava ad andare stretta a Lara Santoro. Per raccontare lintensità degli incontri e la forza di storie personali incrociate negli angoli più diversi del continente nero, le serviva un lingua più viva, flessibile e sfaccettata; una lingua che fosse più vicina a quella pienamente letteraria. Così è nato Il mio cuore riposava sul suo (Edizioni e/o), il sorprendente romanzo desordio di Lara Santoro che oggi vive negli Stati Uniti a New Mexico. Un romanzo in cui lautrice va a fondo nel denunciare il contrasto fra la miseria di Nairobi e i privilegi di una ristretta casta di ricchi stranieri, come il personaggio di nome Nick che vive nelle sue proprietà come se il colonialismo non fosse mai finito. Sulla sponda opposta, la forza vitale, travolgente, di africane come Mercy, da sempre abituate a lottare per la sopravvivenza e che non si lasciano facilmente scoraggiare: nel romanzo la donna, insieme con la protagonista Anna, ingaggerà una sua personale battaglia per far liberalizzare i farmaci anti Aids. «Il romanzo è autobiografico sotto ogni aspetto rivela Santoro -.
Quello di Mercy è uno dei rarissimi personaggi inventati ma è come se fosse la condensazione di tante donne africane che ho conosciuto davvero». E solo lHiv alla fine riuscirà tragicamente a fermare Mercy. LAids è il vero dramma dellAfrica oggi. Così, ripensando alle recenti affermazioni di Benedetto XVI contro luso del preservativo Santoro non esita a dire: «Bisogna essere ciechi e sordi per dire cose del genere. Oppure stare al centro di un sistema come la Chiesa cattolica». Poi, tornando a parlare del suo nuovo impegno come giornalista e scrittrice (ha appena terminato il suo nuovo romanzo, «storia di una travagliatissima traversata Atlantica»), Santoro ripercorre alcune tappe significative del suo percorso: io ho sempre preferito scrivere in inglese. Sono approdata allAgenzia Italiana (Agi) da super raccomandata n un periodo in cui mi servivano soldi per poter tornare negli Usa. Poi, però mi sono innamorata di nuovo di Roma e sono rimasta per più di quattro anni inchiodata al desk. Alla fine, però ammette la scrittrice non ce lho fatta più, mi sono licenziata e mi sono messa a fare la freelance per la stampa britannica e americana per potermi muovere, andare in giro, conoscere il mondo, ma soprattutto per tornare a scrivere in inglese». Ma se le si chiede di mettere a confronto due mondi lontani come quello della stampa italiana e americana, non senza ironia ammette: «Sono completamente diverse: la prima nasce come volantino politico, la seconda come bollettino economico!».