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STREGATI: “LE STREGHE DI LENZAVACCHE” DI SIMONA LO IACONO

Testata: Minima et Moralia
Data: 26 maggio 2016
URL: http://www.minimaetmoralia.it/wp/stregati-le-streghe-di-lenzavacche-di-simona-lo-iacono/

Proseguiamo la rassegna dedicata ai dodici libri candidati al Premio Strega con Le streghe di Lenzavacche di Simona Lo Iacono (e/o). Questo pezzo è uscito su Repubblica-Palermo il 27 marzo scorso. Ringraziamo la testata e l’autore. di Gianni Bonina Magistrato alla Procura di Catania, la siracusana Simona Lo Iacono ha fatto del suo nuovo romanzo (Le streghe di Lenzavacche, edizioni e/o) una metafora della giustizia, vista nelle forme di un “tordo alato” che attraversa il cielo incendiandolo in un abbaglio. Concezione che porta a supporre come la giustizia si compia per volontà di un cielo dove operano sia la provvidenza che la stregoneria, ma non l’uomo. Nel 1938 una donna discendente da una setta di streghe del Seicento ottiene che il figlio handicappato venga iscritto a scuola contro le resistenze del direttore che bene eviterebbe uno smacco al fascistico ideale della salute fisica ma che è costretto a cedere di fronte a quella legge dimenticata che ammette un disabile in una classe differenziata: e ciò anche quando, nel silenzio della legge, il disabile sia figlio di una signorina nota come appartenente ad una famiglia di streghe e divenuta madre fuori dal matrimonio. Giustizia viene dunque fatta in virtù di una normativa disapplicata ma in realtà per volontà di un destino da compiersi in forza di un secolare vaticinio. Il romanzo interseca due piani antitetici servendosi come collante di un concetto di giustizia che si presta a interpretazioni disambigue: quello concreto della gestione di un figlio disabile in un periodo storico intollerante alla minorità e quello metafisico e gotico dell’influenza dell’occulto sulla vita umana, segnare un senso univoco all’idea di giustizia quanto di denunciare un pregiudizio contro la diversità che qui si mostra ne doppio aspetto della disabilità e della credenza. Ad ogni modo l’opposizione congiunta all’handicap e alle pratiche magiche solleva una questione di integralismo sociale contro il quale l’arma vincente si rivela il senso di giustizia fondato sulla giustezza degli atti, sulla conformità di essi al progresso civile e sul primato del bene alla cui affermazione cooperano sia la legge scritta che quella naturale. Il fascismo come età oscurantista che perseguita l’imperfezione fisica, l’esoterismo e la condotta sregolata assurge a questo punto a dieu fétiche di una retorica del potere che si traduce nel bersaglio principale dell’autrice, attestata quale appare su una posizione di sconfessione di ogni atteggiamento passatista e reazionario. Il romanzo sembra invece agito dal dominio di un destino che, sebbene ordito nell’ambito di una profezia negromantica, risponde a un dettato spirituale entro il quale la vita di Felice, il nome epifanico del giovane disabile, è scritta in cielo da una mano tutt’altro che demoniaca: salvo considerare la stregoneria un’attività per nulla estranea o contraria alla sfera religiosa. Romanzo autenticamente siciliano nel portato di una coscienza sospesa tra credo e credulità, realtà e visione, Le streghe di Lenzavacche è sostenuto da uno stile evocativo al quale l’uso dell’io narrante conferisce un senso di fatalità incombente che è forse la sua prima chiave di lettura.