l romanzo di Simona Lo Iacono Le streghe di Lenzavacche racconta la storia di diversi personaggi, legati tra loro da vincoli famigliari e da un destino comune, che lottano contro l’emarginazione sociale nel paesino siciliano di Lenzavacche, tra il Seicento e gli anni del fascismo. La prima metà del romanzo è ambientata nel 1938 e in ogni capitolo parlano due narratori distinti, la ragazza madre Rosalba e il maestro Alfredo Mancuso. La seconda è un testamento scritto nella lingua di una donna istruita vissuta nel XVII secolo, Corrada Assennato.
Rosalba vive con la madre Tilde e il figlio Felice in una vecchia casa un po’ fuori dal paese che un tempo apparteneva alla famiglia di Corrada; Alfredo è appena arrivato a Lenzavacche per scoprire qualcosa sul suo passato. Entrambi raccontano la loro storia rivolgendosi a un altro personaggio: Rosalba parla a Felice, nato con delle gravi disabilità (non parla e non cammina, sebbene sia in grado di comprendere ciò che gli si dice), mentre Alfredo scrive delle lettere a una zia senza nome, per raccontarle le sue difficoltà a venire a patti con il modello educativo imposto dal regime fascista.
Le vicende dei due narratori si incrociano solo alla fine della prima parte, quando Felice chiede alla madre di poter frequentare la scuola del paese. In un centinaio di pagine Lo Iacono costruisce un’atmosfera in cui romanzo storico e realismo magico si fondono. Lenzavacche è un normale paese siciliano dove la superstizione e la morale cattolica spingono gli abitanti a rifiutare chi è diverso, che sia una donna che cresce un figlio senza essere sposata, un bambino disabile o un giovane intellettuale disobbediente. I genitori degli alunni di Alfredo sono contadini che si aspettano che presto i figli inizino a lavorare e il direttore della scuola è un funzionario che si attiene alle regole del regime. L’elemento magico compare nei rimedi di erbe di Tilde, nella forza delle storie che Alfredo racconta ai bambini, nel modo in cui Felice riesce a comunicare sputando su una strana macchina che un amico di sua nonna ha costruito per lui; ma la magia sta soprattutto nel legame che unisce Felice ad Alfredo, e tutti i personaggi a Corrada.
La seconda parte di Le streghe di Lenzavacche – seguita da un brevissimo epilogo ambientato nel 1950 – svela i legami segreti che legano Alfredo a Rosalba e Felice, oltre a raccontare nei dettagli la storia delle “streghe”, un gruppo di donne che nel Seicento erano andate a vivere insieme per rifugiarsi da uomini violenti e dai pregiudizi della comunità. È un testamento redatto nel 1699 e contiene le previsioni del futuro di Corrada, che era a capo delle “streghe”. La scrittura della seconda parte è molto diversa da quella della prima perché cerca di dare l’idea di un italiano antico, che comprende termini latini o vicini al dialetto siciliano: il risultato è senza dubbio verosimile senza essere troppo pesante per il lettore. Inizia così:
Io, Assennato Corrada, nel pieno delle capacità mie di donna maliarda, et sanzo peccato, avendo ricevuto sacramentum riconciliationis, et assolta di ogni venia mortale, io – dappresso all’ora ultima, ora de veritate – passo a scrivere di quelli eventi, et passati, et presenti et futuri…
Rosalba, Tilde e Felice sembrano molto più vicini al passato mitico delle “streghe di Lenzavacche”, che al 1938. Il maestro Mancuso, che deve inventarsi un espediente per non essere cacciato dal direttore a causa della sua didattica contraria ai dettami del fascismo («Li vestono con le divise nere dei lupetti e li allevano come una brigata di soldatini di piombo, sono appagati e soddisfatti, mai sfiorati dal dubbio, carichi di certezze»), è invece più legato alle coordinate spazio-temporali del presente della storia. Nelle sue lettere alla zia descrive la vita quotidiana del paese. Il suo modo di raccontare è enfatico («Il più piccolo, Nitto, mi si avvicinò impensierito, si scapolò e faticò non poco a disincagliare i pantaloni dalla fenditura del sedere. Con la stessa mano si asciugò gli occhi, il moccio e la bocca. Infine me la porse con un gesto cerimonioso. La strinsi senza indugio, cara zia»), perché Mancuso è un cantastorie.
La caratteristica principale del romanzo, oltre alla presenza di tre diverse voci tutte rivolte a un destinatario preciso (Felice, la zia, i discendenti), è la complessità dell’intreccio. Rosalba inizia il suo racconto con la nascita del figlio («tu eri nato, e pur squadernato da un vento di sfortuna, ti chiamai Felice») e i suoi primi anni, per poi tornare indietro e raccontare l’incontro con il padre del bambino. La narrazione del maestro Mancuso è lineare – le sue lettere vanno da 3 settembre al 17 dicembre 1938 – ma anche nel suo caso il lettore sa che c’è un passato non raccontato che contiene le chiavi per comprendere davvero la storia. Il salto temporale più grande è chiaramente quello a cui si assiste tra la prima e la seconda parte del libro, passando dal 1938 al 1699.
Con Le streghe di Lenzavacche, Lo Iacono sembra raccontare di una Sicilia magica e lontana nel tempo, ma i temi del romanzo hanno un forte legame con l’attualità. La storia di Felice, rifiutato dagli abitanti di Lenzavacche perché disabile («Esibire un figlio accussì, co, respiro mancante, gli occhi che sbocciavano come sassi da un fiume, l’aria svagata e oppressa. Che indecenza, che mancanza di rispetto, Felice, era giudicato portarti a passeggio») potrebbe accadere anche oggi. La lotta di sua madre e di sua nonna per dargli una vita dignitosa e felice è il motore di tutta la narrazione e si allinea perfettamente alla lotta di Alfredo, che crede in un’educazione che lasci spazio all’espressione di sé e alla fantasia, e non escluda i deboli e i timidi.
Ma forse il tema principale del romanzo è quello dell’indipendenza delle donne dagli uomini, esemplificato nelle storie di Tilde e Rosalba e di Corrada e delle “streghe” vissute secoli prima di loro («In poco meno che duecento e triginta die la villa popolavasi di ingravidate, di moribonde e peccatrici, chi per violenza o abuso, chi per follia d’amore») che scelgono di vivere seguendo istinti e sentimenti. Nel XVII secolo non c’era spazio per le donne che non rispettavano le regole della Chiesa e del matrimonio: la pena per chi si opponeva, per quanto desiderasse solo vivere in pace, era la morte. Anche nel 1938 la condizione di madri non sposate portava all’emarginazione, ma la storia di Rosalba, Tilde e Felice è a lieto fine: Lo Iacono ci racconta un mondo in cui accettando la natura delle cose e i limiti dell’esistenza, senza lasciarsi sconfiggere dai pregiudizi degli altri, è possibile trovare un modo per essere liberi.
Titolo: Le streghe di Lenzavacche
Autore: Simona Lo Iacono
Genere: Romanzo
Casa editrice: Edizioni E/O
Formato: Cartaceo, ebook
Pagine: 151
Copertina: Emanuele Ragnisco
Data di uscita: marzo 2016
Perché leggerlo: È un libro adatto a chi ama le storie che contengono altre storie, che creano suggestioni e lasciano molto spazio all'immaginazione. È un romanzo breve che racconta una Sicilia magica e lontana, anche se tocca dei temi tutt'altro che superati.