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L come “Le streghe di Lenzavacche”. (o S come Simona Lo Iacono) #ibc16 n°7

Testata: L come libro
Data: 13 maggio 2016
URL: https://lcomelibro.wordpress.com/2016/05/13/l-come-le-streghe-di-lenzavacche-o-s-come-simona-lo-iacono-ibc16-n7/

A Lenzavacche, un piccolo paesino della Sicilia, sorge una villa, una vecchia dimora di caccia, sormontata dallo stemma nobiliare degli Astolfo. Nel 1600 alcune donne emarginate dalla società, mogli abbandonate, ragazze gravide, figlie reiette, si riunirono nella villa, creando una vera e propria comune di condivisione, ma vennero fraintese, bollate come streghe e sterminate crudelmente. Solo una si salvò, l’unica che poté quindi dare vita ad una lunga stirpe di donne di sapienza, di lettere e di magia.

E’ il 1938, la villa è abitata da Tilde, Rosalba, figlia di Tilde, e il piccolo Felice, bambino nato storto, concepito dall’amore illegale di Rosalba con il Santo, un arrotino che arriva a Lenzavacche con il suo carretto e, passando di strada in strada, giunge alla porta di Rosalba. Tra i due è amore folle, consumato in trenta notti di passione, un amore clandestino mal visto dagli abitanti del paese, già prevenuti nei confronti delle due donne per via della loro discendenza.

La notte in cui il popolo insorge contro i due amanti e giunge a strappare il Santo dal suo letto di passione, Rosalba capisce di aspettare un bambino. Ha appena il tempo di afferrare la mano del suo amato e di appoggiarla sul ventre, di incrociare il suo sguardo e di cadere nella più assoluta disperazione.

Tilde, madre sapiente e affaccendata in mestieri, pozioni, rimedi naturali e tradizioni ancestrali, si adopera con maestria e santa dedizione per preparare Rosalba all’arrivo di questo figlio.

Nasce così Felice, questo bambino storto, questo scherzo della natura, castigo del diavolo, punizione divina per un amore proibito. Tilde e Rosalba, con l’aiuto del farmacista Mussumeli, si prodigano per rendere la vita di Felice più comoda possibile, si impegnano per dargli tutto ciò di cui ha bisogno e tutto ciò che merita. Costruiscono arnesi per sostenere la sua struttura storpia, attuano stratagemmi per aiutarlo nella comprensione delle cose, nell’espressione dei pensieri e delle sue volontà, per fare in modo che sia ugualmente parte di un mondo che continua a scartarlo, che si gira dall’altra parte quando lo vede passare.

“In silenzio ha invocato i nomi degli antenati. Ma la luna calava invece che alzarsi, non era tempo di marea né di santi, i fantasmi tacevano e non una stella brillava nella notte. Tutti cattivi presagi, figlio mio, ma tu eri nato, e pur squadernato da un vento di sfortuna, ti chiamai Felice, e decretai che quello era il primo passo per ribaltare il destino.”

Siamo in pieno fascismo, tutto si fa solo ed esclusivamente per il regime, dottrina fascista, abbigliamento fascista, educazione e cultura, programmi scolastici. Tutto viene rivisto e adattato ai voleri del Duce.

A Lenzavacche arriva Alfredo Mancuso, maestro elementare che subito si distingue per la sua diversità, per il suo estro, per l’amore per i libri e per la libertà. Non avrà vita facile, il maestro Mancuso, alla scuola Maria Montessori, il preside lo riprenderà più e più volte per i suoi metodi di insegnamento poco adatti al regime, per i contenuti inadeguati, per la condotta sovversiva. La sua classe si svuota, rimangono solo nove bambini con lui e il preside gli consegna un ultimatum: arrivare a dieci alunni entro il 17 dicembre, altrimenti dovrà lasciare la scuola e tornare da dove è venuto.

“I miei allievi non conoscono le battaglie vinte, ma quelle perse, e non ricordano i nomi dei sette re ma quelli degli schiavi, e non ho voluto che recitassero a memoria le filastrocche del regime, ma alcune ballate che i pescatori borbottano calando le reti, sfidando il malaugurio, uscendo all’alba e aspettando dietro le grotte che il pesce azzurro si svegli. … Non ho mai pensato che la cultura servisse alla forza, ma alla compassione, e non ho cercato nei libri il coraggio, ma la fragilità umana. Quanto alle virtù militari, ho detto loro che l’unica guerra che valga la pena vincere è quella contro se stessi. A modo mio ho insegnato loro quello che credevo dovesse dare la scuola, e cioè un’anima e una vocazione, e gli ho messo in mano parole e libri, le sole armi che abbia mai imbracciato.”

Ma Alfredo Mancuso deve riuscire a rimanere a Lenzavacche, deve far compiere il destino scritto nella profezia della sua antenata zia Corrada Assennato.

E’ un libro di amore e di potenza, questo. Con linguaggio solenne e delicato ci consegna una storia di amore assoluto, di devozioni, di destini scritti nell’anima e sulla carta, di tradizioni, di ricchezze spirituali.

Candidato al Premio Strega 2016, per quanto mi riguarda, potrebbe vincere tranquillamente.

7° lettura per Italian Book Challenge, #ibc16, per la categoria n° 15 – un libro scelto dal tuo indie libraio di fiducia. Insomma, le mie indie libraie di fiducia sono delle fighe pazzesche!