Una stazione di polizia, con una certa presunzione denominata commissariato, in quella terra di mezzo che si estende senza soluzione di continuità tra il Grande Raccordo Anulare e la città di Tivoli.
Un coacervo di lottizzazioni più o meno abusive, poli industriali attivi e dismessi, stabilimenti termali e cave di travertino. Questo è lo scenario nel quale Luca Poldelmengo ha sviluppato la trama del suo ultimo romanzo: I pregiudizi di Dio.
Dopo l’esperimento, peraltro riuscito, dello science-fiction noir Nel posto sbagliato, l’autore ritorna decisamente alle origini riagganciandosi alle questioni rimaste irrisolte de L’uomo nero con la ricomparsa dell’ispettore Marco Alfieri che dividerà il ruolo di protagonista insieme al commissario Andrea Valente e alla sua omologa, cherchez la femme, Francesca Ralli della squadra mobile di Roma.
Tre protagonisti con un passato pieno di tormenti e rimorsi i cui segreti e lati oscuri saranno messi a nudo durante le indagini inerenti il delitto di una giovane donna.
Questo terzetto di protagonisti, e i loro rapporti interpersonali, costituisce senza alcun dubbio il tema centrale del romanzo.
Apparentemente distaccati, lontani anni luce per differenze caratteriali, approccio e sviluppo del modus operandi per un’indagine, si ritroveranno malgrado le diffidenze iniziali, ad agire come un corpo unico anche grazie a esperienze personali che si riveleranno decisive per le indagini e sorprendenti per il lettore.
Poldelmengo si conferma scrittore di territorio: la descrizione puntigliosa del contesto, il ricorso per certe situazioni al dialetto locale dai romani scherzosamente appellato come burino e, last but not least, la sua innata vocazione al simbolismo.
Come già dimostrato in Nel posto sbagliato, lo scrittore fa ampio uso di elementi naturali per trasmettere al lettore disagio o beatitudine, sofferenza o empatia. Acqua, miasmi, polvere di travertino, questa patina bianca che si deposita ovunque.
Il bianco, colore di melvilliana memoria, miscela di tutti i colori dell’iride, purezza o lutto. Per non parlare poi dei serpenti, elemento assai caro all’autore.
Successiva riprova dello sguardo acuto sul nostro tempo da parte dell’autore, è l’importanza che è data ai social networks e alle loro implicazioni, più o meno dirette, nella nostra esistenza ma il compito del recensore è invogliare non raccontare e quindi ci fermiamo qui non senza aver rivolto all’autore una particolare domanda: appellare alcune caratterizzazioni con i cognomi di “colleghi” è piaggeria o sintomo di vera amicizia?
Da acquistare e leggere. Subito.
4 barbabietole.