«Siamo ossessionati dalla morte violenta, dall'omicidio. Ci spaventa ma ci affascina anche terribilmente. Perché potrebbe capitarci: potremmo essere la vittima, e allora dobbiamo proteggerci. Ma anche il killer, e quindi ci danniamo per capire cosa si nasconda dietro la capacità umana di uccidere». Deon Meyer si arrovella sulle ragioni di quello che chiama il nostro «insaziabile appetito per la morte», che spinge al successo romanzi polizieschi, serie tv sui detective, processi in diretta. E le esplora scrivendo thriller, altrettanto di successo, ambientati nel suo Sudafrica e tradotti dall'afrikaans in 30 lingue.
L'ultimo, Cobra, intreccia indagini, sentimenti, magagne finanziarie e intrighi internazionali. Accanto all'immancabile Benny Griessel, l'ispettore di polizia con un tormentato rapporto con l'alcol protagonista di tanti suoi romanzi (tra cui anche il prossimo, Icaro), si muovono colleghi bianchi e neri, uomini e donne, «Un microcosmo complesso, come il Sudafrica». Tutti a dare la caccia al «Cobra» e alla sua gang spietata, che ha lasciato una scia di cadaveri in una lussuosa residenza fra i vigneti vicino a Città del Capo, e a un borseggiatore-Robin Hood con cui il lettore solidarizza senza sforzo. «Già, è un personaggio che piace molto» sorride Meyer, che nel 2008 ha lasciato il suo lavoro di consulente della Bmw per dedicarsi alla scrittura a tempo pieno.
Il suo affezionato capitano Griessel, già protagonista di Tredici ore e Sette giorni, in Cobra torna con un nuovo caso. E un vecchio problema, l'alcol. Non capita di rado di imbattersi in poliziotti che nei romanzi bevono un po' troppo, come mai?
«Nella vita reale sono molti i poliziotti con problemi di alcolismo. Ho fatto a lungo il giornalista e ne ho visti tanti, finiti ad alzare il gomito per la troppa pressione. Ma c'è anche una ragione letteraria: i personaggi più riusciti sono quelli pieni di tensioni. Creano suspence».
Il Sudafrica ha una società multietnica e alle spalle oltre 40 anni di apartheid. Anche gli Stati Uniti sono multietnici, e ancora oggi le tensioni razziali sono fortissime: poliziotti bianchi che uccidono neri disarmati e omicidi come quello di Charleston.
«In Sudafrica no, è diverso. La polizia è diversa, perché qui rispecchia la società, ed è composta da molti neri e donne».
La cronaca racconta però di ondate di violenza di neri contro neri, con negozi bruciati e aggressioni a stranieri arrivati dallo Zimbabwe, dal Mozambico. C'è chi parla di «afrofobia». Cosa sta succedendo?
«Bisogna fare attenzione e non giudicare un Paese solo sulla base delle cattive notizie da prima pagina. Se giudicassimo l'Italia per quello che si vede in tv ne avremmo un quadro distorto. Sicuramente ci sono stati casi di xenofobia, o afrofobia, ma per fortuna solo poche persone sono state ferite o uccise. È un fenomeno che è comparso e scomparso velocemente».
Le ragioni dello scontro?
«La povertà. Una grossa fetta della nostra società vive in condizioni economiche difficili e con l'arrivo di stranieri in cerca di lavoro si è creata una forte conflittualità. L'apartheid è finito, ma non significa che siano sparite le disuguaglianze».
Fra bianchi e neri?
«No, non più. La maggioranza dei poveri è nera, questo è vero. Ma oggi anche la maggioranza dei ricchi lo è».
Seguendo il processo di Pistorius ha scritto che ha avuto un'eco di gran lunga maggiore a quella del funerale di Nelson Mandela.
«È cosi! La copertura dei social media, e di quelli tradizionali, è stata incredibile. Un'attenzione senza precedenti, che conferma l'ossessione che si avverte per morti e processi».
Condannato a 5 anni di carcere per l'omicidio colposo della fidanzata Reeva Steenkamp, ad agosto, dopo 10 mesi, Pistorius sarà rilasciato in libertà vigilata per buona
condotta. Cosa ne pensa?
«Bisogna evitare di dare giudizi affrettati. Io credo nel nostro sistema giudiziario, e se è stato deciso così vuol dire che è giusto. Non dimentichiamo che, per tutta la vita, sarà marchiato come colui che ha ucciso la sua fidanzata».
Anche di Zuma, il presidente sudafricano. si parla spesso. Polemiche, scandali, accuse. Un politico controverso.
«Zuma era un buon leader, ma è un presidente pessimo, davvero pessimo. Ha fatto molto male al nostro Paese».
Un Paese che con orgoglio ha ospitato i Mondiali di calcio nel 2010. Come ha reagito alle notizie sullo scandalo Fifa, alle accuse di aver pagato 1O milioni per accaparrarseli?
«Eravamo così orgogliosi dei Mondiali... e ora stanno rendendo tutto sporco. Siamo molto arrabbiati con la Fifa».
In Cobra, a differenza di quanto succede nella realtà, i buoni vincono, i valori «giusti» si impongono.
«Le persone vogliono.che la giustizia trionfi. Almeno nei romanzi».