Si apre il sipario.
Una stanza nuda, un tavolo. Da qualche parte, delle telecamere nascoste.
E una donna. Ancora molto bella, ancora giovane.
La tensione si amplifica nel silenzio che la giovane, la bella donna seduta al tavolo porta con sé, dentro di sé e attorno; un silenzio chiuso, compatto, carico di riflessione e di attesa. Dopo una sospensione interrogativa ecco che qualcosa, una scena nota, classificabile, si delinea con l’arrivo di un’altra donna. Diversa, opposta all’altra, un felino che si avvicina alla preda. E l’attacco ha inizio.
Annamaria e Silvia. Accusata e sostituto procuratore. Domande che cercano risposte, parole che iniziano a fluire in una sorta di dialogo allo specchio.
La narrazione si snoda piano, quasi subdola, un rigagnolo quieto all’apparenza e inoffensivo dapprima, poi ruscello, torrente e fiume dilagante infine: ora l’acqua romba e fa paura.
Un paesino del Sud, una ragazzina innocente, un amore e una vita da moglie-bambola, inconsapevole, evolvono rapidamente nelle righe, precipitano e si infrangono fino a diventare un caso.
Un caso come gli altri è il titolo quanto mai depistante del romanzo di Pasquale Ruju, perché il quadro della vita della moglie di un boss della ‘ndrangheta, accusata di averlo ucciso, non è evidentemente per nulla ordinario. Un romanzo che, come ho detto, prende vita lentamente, acquistando velocità e ritmo a misura che le due donne si confrontano e si affrontano; ma quello che per Annamaria è stato il quotidiano vivere accanto ad un uomo innamorato serve a Silvia per ricostruire un’attività criminosa che si installa e prolifera nel ricco Nord e il ritratto di un capoclan pericoloso e crudele. I tasselli che entrambe aggiungono delineano i contorni di un abbaglio letale: l’illusione dell’amore di un uomo senza pietà e l’illusione che la malavita organizzata sia un problema che riguarda solo il Sud. Ed entrambe nascondono un segreto, di cui il lettore -avvinto e conquistato- verrà a capo solo nelle ultime righe del libro.
Che Ruju abbia familiarità con il teatro e la sceneggiatura (dopo esperienze nella recitazione e nella regia, l’autore collabora dal 1994 con la Sergio Bonelli Editore come soggettista e sceneggiatore) è evidente in ogni pagina: fin da subito la lettura dona l’illusione di assistere ad una rappresentazione teatrale, i dialoghi sono veloci, fluidi e soprattutto hanno la voce della verosimiglianza.
Con il suo stile conciso e preciso, ma mai secco, con la ricostruzione accurata di un ambiente criminale e con la suspense di un noir di classe, Un caso come gli altri trova il suo personalissimo posto all’interno della collana Sabot/Age, preziosa raccolta di storie “fuori”: fuori dalle storie già sentite, fuori dagli schemi, fuori da ciò che è più comodo e facile da credere:
La verità, nuda e cruda.
Per quanto dolorosa possa essere.