La storia da latitante di Massimo Carlotto, grande autore di noir, in un film che riprende il suo libro d'esordio narrativo: Il fuggiasco.
Il film Il fuggiasco è la vera storia della vita di uno dei più intelligenti autori del noir italiano, lo scrittore Massimo Carlotto. Il fuggiasco è un buon film, tratto da una buona opera letteraria, scritta da Carlotto stesso. La sua storia è quella di un innocente condannato a "scontare" una pena ingiusta, una lunga latitanza e un'interminabile teoria di pressappochismo giudiziario. Tutto per aver scelto di testimoniare su un assassinio di cui fu ritenuto colpevole, ai tempi della sua giovane militanza in Lotta Continua.
Il libro e il film. Quale dei due scegliere? In questo caso si può dire che i due strumenti di comunicazione si compendiano perfettamente, visto che viaggiano su due registri narrativi differenti e, ciascuno a proprio modo, ben interpretato.
Il libro narra la storia della latitanza a posteriori. Il film ne mostra lo svolgimento. Se dovessimo consigliare, sarebbe preferibile vedere prima il film per poter poi gustare con maggior piacere l'intelligenza narrativa del libro. Quest'ultimo sceglie infatti il tono dell'ironia, del sarcasmo. Un tono che era ovviamente impossibile da mantenere nel film. Così come nel film si è rinunciato a render conto della bulimia devastante che ha segnato la latitanza dell'uomo Carlotto.
Alla scrittura della sceneggiatura ha collaborato lo stesso autore e questo ci garantisce sulla credibilità narrativa delle vicende raccontate. E in effetti a vedere la storia ci si interroga più volte stupiti su "come sia possibile che sia accaduto questo". E ci si pongono tante domande che esorbitano dalla sfera letteraria o dallo specifico cinematografico ed entrano direttamente nel cuore delle vite di ciascuno di noi: cosa avrei fatto se fossi stato io al suo posto? Che vita è mai quella di chi è costretto a sfuggire ai propri affetti? Chi lo risarcirà del male subito?
Il film commuove. L'interpretazione del dolore dei genitori più di tutto. Il protagonista è credibile nell'insieme ma non sempre all'altezza del ruolo. Sicuramente ben riuscito è il personaggio dell'amico latitante anziano cileno e l'interpretazione di Alessandro Benvenuti, nel ruolo dell'avvocato di Carlotto. La storia è ben costruita, con buone musiche e un ottimo ritmo narrativo. Alcune intuizioni cinematografiche sono notevoli.
La vicenda raccontata nel libro è la storia di un pezzo della propria vita narrata da un sopravvissuto. Massimo Carlotto è un uomo sopravvissuto alla propria sfortuna. Come tutti i sopravvissuti ha sfiorato la morte: negli ultimi mesi prima della grazia che lo ha scarcerato, quando l'ultima sentenza aveva decretato il carcere, aveva progettato di suicidarsi. Chi ha letto Massa e potere di Elias Canetti ha un'idea precisa dello stato di grazia che coglie chi è sopravvissuto alla morte: si sente invincibile, eterno. Massimo Carlotto ha saputo trasformare questa sua condizione in una maniera assolutamente geniale: l'ha fatta diventare ironia e scrittura. Ma non c'è solo questo. Per sua esplicita ammissione, Carlotto sostiene di aver ridimensionato la propria sventura a confronto con quella dei tanti esuli politici incontrati a Parigi.
Il fuggiasco si legge con piacere ed è molto scorrevole. Spesso si ride. La narrazione segue alcuni episodi che in parte sono legati alla cronologia e in parte ai temi che segnano la vita di un latitante: la questione sicurezza, le amicizie con altri latitanti, i rapporti sentimentali, i contatti con i propri cari lontani. La scrittura è tesa, veloce: anche quando la riflessione sovrasta la narrazione lo scrittore non è mai troppo indulgente con le parole. Le tratta con la stessa schiettezza e complicità con cui tratta se stesso e la propria vita.
Massimo Carlotto è uno scrittore alla Salinger, uno di quelli che, una volta chiuso il libro, ti verrebbe voglia di conoscere anche solo per mangiare e bere insieme qualcosa. O per ascoltare della buona musica.