I narratori italiani ogni tanto ci propongono romanzi inattesi e sorprendenti, soprattutto per l’originalità della ambientazione, la leggerezza della scrittura, la capacità di creare personaggi ritagliati in una provincia. Con La bionda del Kontiki di Katia Ceccarelli (e/o, 2016) siamo trasportati in un territorio tra le Marche e l’Abruzzo, tra le colline e il mare, nei quali sembra rispecchiarsi una microborghesia italiana sconosciuta, fuori dai circuiti delle grandi città, ma non per questo meno rappresentativa dell’Italia che siamo diventati.
“Qui i paesi stanno diventando una specie di mercato permanente tra spacci aziendali e outlet, ci si può trovare di tutto: dai tagliaerba a prezzo di costo fino alle scarpe e ai vestiti firmati”
Teresa, sessanta anni, capelli mogano e taglia oversize, lavora per una cooperativa. Il marito Ovidio è un idraulico, ingrigito e appesantito, marito e padre padrone. I due figli, Umberto e Dario, sono ormai adulti: il primo, lavora con i computer, è sposato con Daniela, vive in un appartamento sopra i genitori, ed aspetta un figlio; Dario, il minore, viziato, piccolo vitellone di provincia come il padre, si fa servire di tutto punto da Teresa, casalinga ormai frustrata e stanca. L’unico lusso che la donna si concede è il parrucchiere settimanale. Quando la parrucchiera amica, Carmela, esuberante single piena di rivincite sull’età e sui maschi, le propone un cambiamento di look radicale, una tintura bionda, Teresa esita, ma si convince. Nessuno in casa nota il vistoso cambiamento, anzi si moltiplicano le offese, lo sfruttamento e le richieste tanto che Teresa, spinta anche da Carmela, lascia la casa di famiglia e si sistema in un piccolo alloggio tutto suo. A casa marito e figlio si abbandonano al caos, disabituati a gestire casa e cibo e presto Ovidio ingrassa, beve, si abbandona ad una vita insana, fuori del controllo operato per anni dalla moglie.
La nuova vita di Teresa invece è tutta in salita: abiti comprati all’outlet, pantaloni, bluse, scarpe, calze, bigiotteria vistosa costituiscono il nuovo guardaroba che le permette di entrare al Kontiki, il locale più quotato della zona, dove in compagnia di Carmela, Jolanda, le sue nuove amiche, incontra uomini soli, anziani, e desiderosi di approcci non troppo impegnativi ma ugualmente interessanti. Al Kontiki il viagra viene smerciato nei bagni del locale, per rendere gli eventuali incontri proficui.
La storia di Teresa si avvolge intorno a uomini mediocri, ad amiche invidiose e vendicative, a figli lontani e poco comprensivi, a una nuora piccola di aspetto e di testa, a un marito sposato in gioventù ma ormai invecchiato, nell’aspetto e nei sentimenti.
“Di una cosa si è convinta Teresa ultimamente, che oggi le madri e le nonne, come lei, non debbano più vivere di riflesso, non debbano godere dei successi e dei progressi degli altri, ma possano mettersi in gioco in prima persona, cosa che lei ha intenzione di fare di lì a breve.”
La sua nuova vita in un piccolo paese non è facile, guardata con sospetto e con riprovazione dai parenti che la ritengono una “rovinafamiglie”: Daniela, la nuora, è una giovane donna con idee conservatrici, che giudica con livore la scelta della madre di suo marito, il cui comportamento potrebbe nuocere al buon nome della sua nuova famiglia…
Katia Ceccarelli esplora la condizione femminile da un’angolazione eccentrica, capovolgendo cioè i ruoli: la donna non più giovane, che ha vissuto di dedizione ai suoi tre uomini, nel momento in cui rivendica dignità e libertà di vivere il suo corpo e le sue emozioni, viene bollata e alla fine costretta a tornare sui suoi passi. Sarà comunque una donna nuova e diversa, consapevole della propria riscoperta femminilità.
La scrittura di Katia Ceccarelli mi è sembrata particolarmente interessante, attenta com’è alle minuzie della vita quotidiana, che osserva con una lente d’ingrandimento acutissima: la pesantezza dei doveri di chi si trova in casa tra lavoro e ménage domestico, con gli elettrodomestici che non funzionano, i sacchi d’immondizia che si accumulano come le stoviglie sporche nel lavello, nel disinteresse di uomini che danno per scontato che tutto sia a posto, per il loro diritto e il loro piacere. Quando la fata turchina sparisce, ecco i risultati:
“Il figlio va a recuperare una delle due caffettiere che sono ancora sporche nel lavello della cucina, una buttata sull’altra col coperchio aperto, sembrano due uccelli morti col becco spalancato e la bocca nera, invece è solo calcare, posa del caffè, incuria.”
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