Si svolge in un mondo delineato solo da dialoghi La casa blu di Massimiliano Governi. Una scelta stilistica esclusiva -variata solo nel capitolo finale in terza persona - che dà al ritmo della rappresentazione un passo interessante e teso. Sta al lettore orientarsi individuando chi parla e ricostruendo l'asse temporale per entrare in sintonia con il viaggio che un padre e un figlio stanno facendo verso la Svizzera. La meta è Pfàffikon, vicino a Zurigo, dove la «casetta blu» è una clinica per il suicidio assistito. Il padre, giornalista che da tempo. non scrive e si è isolato dalla famiglia, vuole farne un reportage e il figlio adolescente lo accompagna, ma la vera intenzione del genitore è quella di lasciarsi andare alla depressione ed entrare nella clinica per morire. Un incontro inatteso con il testimone della strage di un'intera famiglia, un tempo oggetto dell'attenzione da cronista e dei sogni letterari del padre, cambia le carte in tavola. Ciò che è giusto riconoscere è l'abilità tecnica dell'autore: dai rimandi interni al tema della morte - si parla di God's Comic, di Elvis Costello, My Death di David Bowie e della serie True Detective -, al modo in cui le conversazioni cesellano i rapporti e danno corpo ai personaggi. Tra questi, l'unico presente solo al telefono è la madre, ma il suo peso cresce. Quella donna dal «Viso di foglie» era stata per il padre la partenza di un'avventura, all'ombra di un amore comune per Il grande Gatsby, e potrebbe ritornare ad essere un traguardo.