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Se quel tempo di Tripoli è nero

Autore: Vito Antonio Leuzzi
Testata: Gazzetta del Mezzogiorno
Data: 29 novembre 2015

La rappresentazione delle conquiste coloniali del fascismo scaturite dal vissuto di uno dei protagonisti, che dopo mezzo secolo riesce a fissare con una lucida e straordinaria testimonianza «l’ansia d’avventura ed al contempo l’orrore della guerra», è al centro di una inconsueta e complessa operazione di recupero della memoria di Angelo Angelastro, Il bel tempo di Tripoli, (Edito da e/o, Roma 2015, pagg. 233, euro 16,00). Tutto nasce a metà anni Ottanta: un’intervista all’avvocato Filippo Salerno, realizzata da Angelastro, giovane giornalista Rai, si trasforma lentamente in denso diario in cui l’ex Capo ufficio stampa della milizia in Africa Orientale mette in luce aspetti poco conosciuti di una impresa bellica (dall’Abissinia alla Libia) trasformata dal regime in una gigantesca macchina propagandistica all’ombra del mito di una «missione civilizzatrice». L’approccio ironico di Salerno che «arringa» la timidezza del suo giovane interlocutore con una memoria ricca di elementi diversi, da «opportunità sentimentali» a missioni misteriose, si colloca in un contesto denso di riflessioni critiche ed autocritiche sui diversi volti di un modello militarista che fu alla base di sconvolgimenti radicali di società non in grado di difendersi da una violenza distruttrice. Nella narrazione si evidenziano aspetti etnici ed antropologici spesso ignorati dalle indagini storiografiche: «All’improvviso udimmo migliaia di voci femminili all’unisono. Grida altissime e ritmate. Non un vero e proprio canto di guerra, piuttosto un cupo lamento collettivo. I soldati abissini venivano accompagnati dalle famiglie sui luoghi della guerra. E le donne, di notte, intonavano litanie per rincuorali e incitarli. Quasi tutti vestiti con i mantelli bianchi di cotone, gli sciamma, correvano all’impazzata verso le nostre linee. Offrendo i corpi ai fucili mitragliatori». Dal racconto di Angelo Angelastro, giornalista Rai ormai noto, di origini baresi, emergono aspetti di una impresa «guerresca» del fascismo condotta in violazione di tutte le convenzioni internazionali con il ricorso massiccio ad armi di distruzione di massa, in particolare aggressivi chimici. La testimonianza dell’avvocato barese appare molto significativa, considerando che Montanelli, al seguito della spedizione militare del 1935 come inviato di guerra, si ostinava a negare, sino agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, il ricorso all’iprite da parte di Mussolini. Il libro sarà presentato martedì 1 dicembre alla libreria Laterza di Bari (ore 18) dal direttore della «Gazzetta» Giuseppe De Tomaso, alla presenza dell’autore. Il fitto diario di ricordi dell’avvocato Salerno, pieno di efficaci descrizioni paesaggistiche, colpisce anche per la ricostruzione dell’amministrazione della giustizia, che rompe la tradizionale reticenza sui comportamenti illegali di una magistratura pesantemente influenzata dal regime. L’avvocato Salerno, che svolse a Tripoli la delicata funzione di difensore degli imputati, pone l’accento sulle condotte irregolari di giudici militari che «non esitavano a far fucilare, senza prove sufficienti, gli indigeni coinvolti nella nostra guerra contro gli inglesi», mettendo in luce la mentalità diffusa, carica di un «immotivato disprezzo per la vita indigena». Da questa densa memoria opportunamente interrogata da Angelastro si spiegano le modalità con cui venivano emesse sentenze di condanne a morte in un vero e proprio «turbine di irregolarità» che il giovane avvocato barese cercò di contrastare. Anche sotto questo profilo i ricordi di questo «volontario fascista» assumono un ulteriore valore considerando i ritardi degli studi sui processi dei tribunali militari relativi alle guerre dell’Italia del Novecento. La posizione scomoda dell’avvocato Salerno e la sua presa di coscienza degli «odiosi fini del fascismo» termina agli inizi del 1943 con una macchinazione nei suoi confronti e con una condanna alla pena capitale scongiurata all’ultimo momento anche per la completa disfatta dell’avventura coloniale mussoliniana. Si illuminano, con questa complessa e riuscita operazione letteraria di Angelo Angelastro, pagine non compiutamente conosciute e spesso sottovalutate della storia nazionale.