Una casa editrice che si gode Svetlana Aleksievic, fresco Nobel, i long seller di Elena Ferrante, che annuncia il colpaccio Enard (grandissimo autore francese, finora tradotto in Italia da Rizzoli) con l'ultimo Goncourt, continua ad avere cartucce? Eccome, le edizioni e/o ne hanno. In catalogo c'è un ennesimo autore di spessore, famoso anche per altro – è stato tra i fondatori di “Medici senza Frontiere”, è membro dell’Accademia di Francia ed ex ambasciatore – che si chiama Jean-Christophe Rufin. Colpisce il modo eclettico di fare letteratura di Rufin, di cui un paio d'anni fa è stato pubblicato “L'uomo dei sogni”, rutilante romanzo storico, ambientato alla fine del Medioevo, con al centro un fortissimo personaggio reale, Jacques Cœur, figlio di un pellicciaio, diventato banchiere del re di Francia e capitalista ante-litteram. Adesso lo scrittore francese va segnalato per “Check-point” (298 pagine, 18 euro), tradotto da Alberto Bracci Testasecca. In comune con “L'uomo dei sogni” ci sono una grande generosità narrativa e una profonda riflessione sulla guerra e sulla pace. L'ultimo romanzo si confronta, però, col mondo moderno, in particolare con la Bosnia ai tempi della guerra nei Balcani (sempre più materia letteraria, piace ricordare “La figlia” di Clara Uson, Sellerio, “Mare calmo” di Nicol Ljubic, Keller, anche “Come fossi solo” di Marco Magini, Giunti...), terra in cui l'autore ha visuto e lavorato. “Check-point” è la dimostrazione che, con una certa levità di scrittura, si può scrivere un romanzo teso e profondo. Al centro della vicenda narrata ci sono le mille anime che compongono le organizzazioni non governative impegnate negli aiuti umanitari, e le diverse ragioni che spingono i protagonisti (la bella e ricca Maud, due ex caschi blu dell'Onu, Marc e Alex, l'attivista senza scrupoli Lionel e Vauthier, “meccanico” che dà l'impressione d'essere un poliziotto) a lasciare Lione, alla guida di due camion di una ong, per un villaggio bosniaco, Kalanj, dove i musulmani sono vittime dei croati, e dove arriveranno non solo cibo e indumenti. L'orrore e la violenza prevalgono spesso sull'amore, il calcolo e il carrierismo sugli ideali, buoni e cattivi non riescono a distinguersi in questo romanzo dagli amarissimi risvolti; poca ideologia e tanta umanità animano le pagine di Rufin, leggerle significa godersi colpi di scena e bei dialoghi, senza dimenticare emozioni e riflessione.