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All'inizio del romanzo di Ahmed Saadawi, Frankenstein a Baghdad, un kamikaze si fa saltare in aria in un quartiere della capitale irachena. Queste esplosioni di violenza, inevitabili e misteriose, sono un elemento che caratterizza tutto il libro. E anzi, a dirla tutta, Saadawi racconta una realtà, quella di Baghdad nel 2005, così gotica nei dettagli che, quando il romanzo prende una piega soprannaturale, non ci si stupisce più di tanto. Dopo l'esplosione, compare sulla scena Hadi al Attag, un ubriacone di mezza età, e raccoglie un naso: è l'ultimo resto umano che gli manca per comporre un corpo intero usando parte delle vittime di attentati. In seguito la creatura prenderà misteriosamente vita e comincerà a yendicarsi dei vari attentatori, ma presto scopriamo che alcuni resti di cui è composto vengono dagli attentatori e non solo dalle loro vittime. La storia ruota intorno a un gran numero di personaggi, si muove tra vicoli bui e distrutti e complessi residenziali circondati da alte mura, trascinando il lettore in un'intricata serie di omicidi spezzati da occasionali momenti di leggerezza. La violenza e il senso di urgenza politica è un elemento comune a molti romanzi arabi. Per i lettori occidentali opere come questa sono un utile contrappunto alle notizie, ai reportage e alle teorie politico-culturali legati al mondo arabo, perché ci mostrano la grande creatività dei suoi scrittori e la profondità delle esperienze personali di chi ci vive.