Io “Piccola osteria senza parole” di Massimo Cuomo (E/O editore, 238 pagine, 9 euro) l’ho letto a lunghe sorsate, ed è andato giù come una lemonsoda ghiacciata. Io di questo libro ho apprezzato ogni singolo personaggio, anche se non incontrerò mai Bepi Basso col suo pannolone, né la Sopravvissuta, né la Gilda e neppure i fratelli Sorgòn, bestemmiatori professionisti. Io questo libro l’ho divorato perché amo il Veneto e ho amato Scovazze, anche se girando tutta la Regione potrei non trovarlo mai, come quel misterioso campanile della foto. Io questo libro ve lo voglio caldamente consigliare.
Titolo: Piccola osteria senza parole
L’Autore: Massimo Cuomo è nato a Venezia nel 1974. Nel 2011 ha esordito con il romanzo Malcolm. Nel 2014 ha pubblicato, sempre per E/O editore, il romanzo “Piccola osteria senza parole”
Editore: E/O
Il mio consiglio: chi ama i piccoli paesini, le osterie e i bar, chi ama i pettegolezzi e le tempeste portate da sconosciuti
Da queste parti uno straniero lo riconosci al volo. Anche perché non ne passano mai. L’ultimo, mi hanno detto, risale a una mattinata di novembre di un paio di anni fa. Un agente di commercio che doveva prendere l’autostrada ed era finito sul viottolo di Scovazze. Salvatore Maria Tempesta invece entra al Punto Gilda con l’ultima luce di una giornata estiva che va spargendosi sulla campagna. E’ venerdì diciassette e questo momento lo ricorderò per sempre. Ci siamo quasi tutti, ma il bar è raccolto in un silenzio concentrato. Si sente solo l’inno nazionale della Bolivia. [Massimo Cuomo, Piccola osteria senza parole, citazione pagina 19]
Scovazze, estate 1994. Al bar Punto Gilda la tivù è costantemente sintonizzata sul Mondiale di calcio USA ’94 e mentre un venerdì 17 si sta giocando Germania – Bolivia, nell’osteria entra uno straniero, un teròne, Salvatore Maria Tempesta che ha avuto un piccolo incidente con la sua vecchia Ritmo. La comunità di Scovazze è chiusa in se stessa: i fratelli Sòrgon giocano a carte e bestemmiano davanti alla televisione, Bepi Basso mangia un Piedone sbrodolandosi tutti pantaloni di velluto, Borìn gioca alle slot machine e solo l’Avvocato rivolge la parola al teròne l’uscita per l’autostrada. Ma Salvatore Maria Tempesta non vuole andar via dal paese, perché è proprio a Scovazze che voleva arrivare.
Romeo Perissinotto, detto Carnera per la sua prestanza fisica, si offre di accompagnare Tempesta ai margini del paese, nel cuore della campagna, dove c’è un cubo di cemento armato abbandonato, dove il meridionale potrà rifugiarsi in attesa di trovare ciò che cerca. Già, ma cosa cerca un uomo del Sud in un postaccio come Scovazze? Semplice: quell’uomo ha fatto così tanti chilometri con una Ritmo per cercare un campanile. In realtà, cerca altro oltre al campanile, ma i veri piani di Tempesta non possono essere svelati a nessuno, nemmeno al buon Paneghèl, detto l’Avvocato, che si offre di aggiustargli la Ritmo per proseguire la sua ricerca.
I veri protagonisti della storia sono il cuore pulsante di Scovazze, ovvero il Punto Gilda, l’unica osteria del paese, gestita appunto da Gilda, la vedova del povero Francone e un misterioso oggetto portato da Salvatore Maria Tempesta, una scatola con dei dadi che al posto dei numeri hanno delle lettere: un Paroliere. E sarà anche questo oggetto, il Paroliere, a far parlare di più gli abitanti del luogo, tutti taciturni e con le parole contate giorno per giorno.
Non è notte da dormire. E’ una notte di rane e nuvole, di pensieri. Scovazze scivola verso l’alba di un nuovo giorno senza che nessuno se ne accorga. Potrebbe staccarsi e cadere. Un punto sul confine del nulla che d’inverno sparisce nella nebbia e d’estate nel granturco. Ci arrivi per caso, a Scovazze, per errore. O per una specie di missione, come quella di Tempesta. Che stanotte, insieme al sonno, ha smarrito un po’ la speranza. E allora scuote la scatola di plastica con le parole dentro. I dadi a volte disegnano frasi consolatorie. Raccontano storie. Cantano ninne nanne. I dadi si raccolgono a caso, ma il caso è la vibrazione della mano che scuote la scatola e la mano è a un braccio dal cuore. Il Paroliere, certe notti, ti dice come stai. O cosa devi fare. [Massimo Cuomo, Piccola osteria senza parole, citazione pagine 74].
Con una scrittura fluida e semplice, ricca di colpi di scena, con i capitoli brevi e incisivi che si alternano sulle storie dei vari abitanti di Scovazze, lo scrittore Massimo Cuomo ha firmato una storia bellissima, con una punta di giallo che dà decisamente colore alle vicende. La curiosità di scoprire che cosa abbia portato Salvatore Maria Tempesta fin su a Scovazze, permea il libro e i capitoli sfuggono via veloci, rapidi come il vento che muove le spighe dorate del grano. Io, come ho scritto nelle prime righe, questa storia me la sono bevuta come una lemonsoda gelata, la bibita preferita di Tempesta. E vorrei, che ve la beveste pure voi. Sia chiaro, anche a piccoli sorsetti, non vorrei mai che vi andasse per traverso.
Ma le parole, quando le pianti dentro un terreno fertile e le concimi di sentimenti, mettono radici in fretta. [Massimo Cuomo, Piccola osteria senza parole, citazione a pagina 109].