Patrizia Rinaldi vive e lavora a Napoli. È laureata in Filosofia, specializzata in scrittura teatrale. Partecipa dal 2010 a progetti letterari presso l’Istituto Penale Minorile di Nisida. Tra le sue pubblicazioni segnalo: Adesso scappa, graphic novel, Sinnos 2014; Rosso caldo, Edizioni e/o 2014; Federico il pazzo (Premio Leggimi Forte 2015; Finalista Premio Andersen 2015), Sinnos 2014; Blanca, Edizioni e/o 2013; Tre, numero imperfetto, Edizioni e/o 2012 (tradotto negli Stati Uniti e in Germania); Mare Giallo, Sinnos 2012; Rock Sentimentale, El 2011 (tradotto in Serbia); Piano Forte, Sinnos, 2009 (tradotto in Ungheria). Di recente, per le edizioni e/o, è uscito un nuovo romanzo intitolato “Ma già prima di giugno“: una storia che ha per protagoniste due donne (una madre e una figlia), imperniata sui ricordi e sul filo che lega la grande Storia alle storie individuali.
Ne ho discusso con l’autrice…
– Cara Patrizia, partiamo dall’inizio. Come nasce “Ma già prima di giugno”? Da quale idea, spunto, esigenza o fonte di ispirazione…
Caro Massimo, “Ma già prima di giugno” nasce dall’esigenza di dire il danno del dolore nascosto.
L’ispirazione parte da un dato privato, ma purtroppo attuale: mia madre era profuga di guerra, reduce dalla Spalato del 1943. A guerra finita, il suo dolore poteva essere sussurrato e non detto. Stavamo dalla parte sbagliata, anche se i civili erano e sono sudditi delle guerre e delle colonizzazioni, non artefici. Alcune sofferenze e alcuni amori non conoscono il lusso della libertà di racconto. Ho voluto porre un piccolo rimedio.
Il romanzo tuttavia non è autobiografico e non ha affatto vocazioni revisioniste.
– Protagoniste del romanzo sono una madre e una figlia. Proviamo a conoscerle partendo da Maria Antonia. Cosa puoi dirci di lei?
Maria Antonia è la madre giovane, descritta dagli anni quaranta ai sessanta. Ena è la figlia vecchia, raccontata alla fine della sua vita.
Maria Antonia ha la forza della sopravvivenza, della ricerca del pane che deve nutrire carni abbondanti, all’epoca simbolo di benessere esibito. La correttezza per lei è un lusso ridicolo.
Maria Antonia ha aspirazioni borghesi, ma dà scandalo con due matrimoni sconvenienti: con un uomo troppo ricco, con un altro troppo giovane. A guerra finita, deve cominciare una guerra privata. Deve andare a prendersi quello che è suo, che le hanno tolto. Si fermerà perciò in una gioventù permanente, volitiva, disperata, allegra.
– Parlaci di Ena, la figlia, che è anche la voce narrante della storia…
A differenza della madre, Ena ha un’esistenza che nasce sazia, in pieno boom economico; eppure la vita non le eviterà inciampi e baratri.
Ena è assistita da una giovane donna straniera che chiama con mala grazia Abadessa. Non offrirà al lettore sistemazione gerarchica e accomodante di episodi passati, ma una vitalità sconveniente. Dirà di sesso, del suo corpo sfatto, di colpe irrisolte, di gioie insperate. Come la madre, manterrà la vitalità dello sberleffo, dell’offesa alle circostanze che la vogliono composta, persino alla morte.
– Come vive Ena il suo rapporto con i ricordi?
I ricordi di Ena ubbidiscono alle suggestioni. Spesso sono ricordi di ricordi di altre persone, non hanno necessità di logica o di giustificazione. Sono impietosi e divertenti, osceni. Non sanano episodi trascorsi e scabrosi, piuttosto ci giocano con parole affilate.
– Dal punto di vista stilistico e strutturale questo romanzo presenta delle peculiarità: per esempio, procede a capitoli alternati (uno dedicato alla madre, l’altro alla figlia). La madre ci viene raccontata in terza persona (dal 1940 al 1960) quando è ancora giovane (mentre sua figlia è ormai vecchia). La narrazione in prima persona,invece, procede alternando il presente al passato. Cosa puoi dirci sullo stile e sulla struttura del romanzo? Perché queste scelte?
Ho cercato di fare incontrare modi narrativi diversi. Ho raccontato Maria Antonia in terza persona con linguaggio quasi di saga. La vita della madre giovane partecipa alla Storia, la subisce e poi l’affronta con esuberanza smodata. I temi e i luoghi di questa parte del romanzo sono tanti e di respiro largo.
Ena è costretta all’immobilità per la rottura del femore. Dice di sé in una prima persona delirante e non ubbidisce a cronologie o a trame precise. Il non detto accompagna la claustrofobia che si interromperà solo verso la fine del romanzo.
La struttura cerca di unire ciò che è antitetico. Si propone di riflettere le differenze delle due protagoniste che hanno vissuti e linguaggi opposti, ma nello stesso tempo vicini.
– Facciamo un passo indietro e soffermiamoci sul titolo del romanzo (che è un po’ particolare): “Ma già prima di giugno”. (titolo ricavato da un verso di Elio Pagliarani posto in epigrafe).
Perché questo titolo?
Ho riletto i versi di Pagliarani proprio mentre stavo scrivendo di una bugia che racconta Ena bambina a una parente severa per impietosirla. Le dice che ha sognato che morirà a giugno. La bugia sulla parente non avrà alcun effetto, anzi, invece su di lei sì. Ena si convincerà della sua stessa menzogna.
– Sei nota al pubblico dei lettori per la serie di Blanca. Che differenza c’è tra il lavorare a un romanzo seriale, come per i romanzi di Blanca, e scrivere un romanzo come “Ma già prima di giugno”?
La serie di Blanca, a cui sono molto legata, mi dà la possibilità di rincontrare personaggi ormai radicati nel mio immaginario, di raccontare storie e luoghi con la libertà bellissima che è consentita proprio da alcuni vincoli narrativi del seriale e del noir. Apprezzo la scrittura di genere e la leggo voracemente.
Il mio romanzo degenere – lo chiamo così, per prendere in giro me e alcune gerarchie letterarie troppo precise – è un’esperienza narrativa che comincia e finisce, che deve esaurirsi.
La differenza che avverto riguarda quindi la possibilità di serie, non altro.
– Sei molto attiva anche nell’ambito della “letteratura per ragazzi“. Cosa puoi dirci su questo versante?
Scrivere per ragazzi è una passione che mi insegna tanto. I ragazzi hanno gusto di lettura anarchico, sanno essere critici e autentici. Sono esigenti e non si lasciano imbrogliare, riconoscono se l’autore finge trame e coinvolgimenti da cui invece è lontano. Il mondo dell’editoria italiana per ragazzi è vivace. La mia casa editrice di riferimento è Sinnos.
– Progetti letterari in lavorazione?
Nei prossimi mesi sarò in libreria con due romanzi per ragazzi di differenti fasce d’età e una graphic novel.
Per adulti vorrei tornare a Blanca e ai romanzi degenere. Il desiderio mio è semplice, continuare a cercare linguaggi e storie.
– Grazie, Patrizia. In bocca al lupo per tutto!