Patrizia Rinaldi vive e lavora a Napoli. È laureata in Filosofia, specializzata in scrittura teatrale. Partecipa dal 2010 a progetti letterari presso l’Istituto Penale Minorile di Nisida. Ha pubblicato diversi libri (molti dei quali tradotti all’estero, o in corso di traduzione), sia nell’ambito della letteratura per ragazzi (pubblicati dalle edizioni Sinnos), sia con riferimento alla serie di Blanca (per le edizioni e/o). Di recente, sempre per le edizioni e/o, è uscito un nuovo romanzo intitolato “Ma già prima di giugno“: una storia che ha per protagoniste due donne (una madre e una figlia), imperniata sui ricordi e sul filo che lega la grande Storia alle storie individuali.
Ne ho discusso con l’autrice…
«”Ma già prima di giugno” nasce dall’esigenza di dire il danno del dolore nascosto”, mi racconta Patrizia Rinaldi. “L’ispirazione parte da un dato privato, ma purtroppo attuale: mia madre era profuga di guerra, reduce dalla Spalato del 1943. A guerra finita, il suo dolore poteva essere sussurrato e non detto. Stavamo dalla parte sbagliata, anche se i civili erano e sono sudditi delle guerre e delle colonizzazioni, non artefici. Alcune sofferenze e alcuni amori non conoscono il lusso della libertà di racconto. Ho voluto porre un piccolo rimedio. Il romanzo tuttavia non è autobiografico e non ha affatto vocazioni revisioniste.»
Le protagoniste, come accennavo in premessa, sono due donne. Maria Antonia è la madre giovane, descritta dagli anni quaranta ai sessanta. Ena è la figlia vecchia, raccontata alla fine della sua vita. Due personaggi che vivono situazioni molto diverse. «Maria Antonia ha la forza della sopravvivenza, della ricerca del pane che deve nutrire carni abbondanti, all’epoca simbolo di benessere esibito. La correttezza per lei è un lusso ridicolo. A differenza della madre, Ena ha un’esistenza che nasce sazia, in pieno boom economico; eppure la vita non le eviterà inciampi e baratri.
Maria Antonia ha aspirazioni borghesi, ma dà scandalo con due matrimoni sconvenienti: con un uomo troppo ricco, con un altro troppo giovane. A guerra finita, deve cominciare una guerra privata. Deve andare a prendersi quello che è suo, che le hanno tolto. Si fermerà perciò in una gioventù permanente, volitiva, disperata, allegra. Ena è assistita da una giovane donna straniera che chiama con mala grazia Abadessa. Non offrirà al lettore sistemazione gerarchica e accomodante di episodi passati, ma una vitalità sconveniente. Dirà di sesso, del suo corpo sfatto, di colpe irrisolte, di gioie insperate. Come la madre, manterrà la vitalità dello sberleffo, dell’offesa alle circostanze che la vogliono composta, persino alla morte».
Un romanzo, “Ma già prima di giugno“, che è molto interessante anche dal punto di vista stilistico e strutturale, giacché procede a capitoli alternati (uno dedicato alla madre, l’altro alla figlia). La madre ci viene raccontata in terza persona (dal 1940 al 1960) quando è ancora giovane (mentre sua figlia è ormai vecchia). La narrazione in prima persona, invece, procede alternando il presente al passato. «Ho cercato di fare incontrare modi narrativi diversi. Ho raccontato Maria Antonia in terza persona con linguaggio quasi di saga. La vita della madre giovane partecipa alla Storia, la subisce e poi l’affronta con esuberanza smodata. I temi e i luoghi di questa parte del romanzo sono tanti e di respiro largo.
Ena è costretta all’immobilità per la rottura del femore. Dice di sé in una prima persona delirante e non ubbidisce a cronologie o a trame precise. Il non detto accompagna la claustrofobia che si interromperà solo verso la fine del romanzo.
La struttura cerca di unire ciò che è antitetico. Si propone di riflettere le differenze delle due protagoniste che hanno vissuti e linguaggi opposti, ma nello stesso tempo vicini.»
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Massimo Maugeri cura Letteratitudine (blog, news, radio)