Raccontare Baghdad senza dimenticare il sogno
Autore: cb
Testata: Internazionale
Data: 25 settembre 2015
Una sera Ahmed Saadawi era con alcuni amici scrittori in un caffè di Baghdad. Circa un'ora dopo che lui se n'era andato, nel locale c'è stato un attentato che ha ferito alcuni dei suoi amici e ne ha uccisi altri. Era un fatto abbastanza normale per lo scrittore, come per chiunque abbia vissuto a Baghdad negli ultimi dieci anni. E mentre alcuni hanno lasciato il paese, lui è rimasto. "Vivo un conflitto interiore, tra il mio bisogno di scrivere romanzi e la mia paura della morte", dice. Saadawi, mescolando in sé stoicismo, tristezza e generosità, è la punta di un piccolo gruppo di scrittori che usano la narrativa per analizzare il trauma provocato dall'invasione statunitense del 2003. Il suo romanzo surrealista Frankenstein a Baghdad, con cui ha vinto l'International prize for arabic fiction, è la storia di uno straccivendolo alcolizzato che colleziona pezzi di cadaveri provenienti dai luoghi degli attentati della città e li mette insieme per formare un corpo. Di quest'ultimo si impossessa poi un'ani- ma ribelle che decide di vendicare le vit- time. Il corpo alla fine uccide anche degli innocenti, riflettendo così la follia e l'ambiguità morale della guerra e dei suoi postumi. Il libro contiene "molti messaggi. Uno è che in questa situazione di guerra e di violenza nessuno è innocente". Il romanzo rispecchia la convinzione di Saadawi che la narrativa sia più adatta del giornalismo e dell'autobiografia a esprimere l'esperienza emotiva di vivere in una città in cui livelli straordinari di violenza sono diventati la norma. Riprendendolo da un altro protagonista della letteratura, Gabriel Garcia Marquez, Saadawi usa il realismo magico con grande efficacia, mescolando il fantasy con la macabra realtà della città. Ma Saadawii ha un messaggio semplice da offrire ai suoi colleghi scrittori: "Tutto ciò di cui avete bisogno è un tavolino e un pacchetto di sigarette".