Un attesa lunga due anni. Ora è tornata, Mila Zago. Si è fatta aspettare. Perché Mila vive ben al di là delle intenzioni e delle aspettative di chi la legge (e, forse un po’ anche di chi ne scrive le avventure). Ama ogni lettore d’un amore passionale, eppure di tanto in tanto sente l’esigenza di scomparire. S’apparta negli anfratti della sua anima di carta e sangue, come a rimuginare sui suoi dolori lancinanti, sferzata da quei venti di violenza e vendetta che solo muri di altrettanta violenza e altrettanta vendetta paiono essere in grado di arginare. Però poi torna sempre, Mila. Torna annunciata dagli schiaffi all’aria dei suoi dreadlock rossi, giuramenti di ferite, promesse di morte, dichiarazioni di guerra. Sono come tamburi che suonano la carica. E guai chi prova ad arrestare l’avanzata delle truppe. La guerra è guerra fino alla vittoria, di solito. La guerra di Mila è qualcosa di più estremo: è una lotta al male col male, tra una giustizia senza regole e una regola senza giustizia.
Mila non è una che sa perdere, d’altra parte. E non vuole. Specie se di mezzo c’è uno scricciolo di carne, Akim, una vittima maciullata chissà quante volte delle fauci ingorde di spietati trafficanti. Preso in Nigeria, dove la pace è solo una teoria lontana, i confini una finzione e a comandare sono i ricchi europei, quelli che nella morte fiutano l’opportunità di guadagno. Akim è una delle anime finite nel tritacarne del sistema. Fatto ammalare, guarito, diventato muto, portato di forza in Italia, segregato. Una merce di scambio tra mafie e ricche aziende. Solo Mila può proteggerlo. E liberarlo. Perché Akim ha scosso il suo cuore tormentato, l’ha stretto in una morsa di tenerezza e l’ha convertito in urgenza d’amare. E’ lui, Akim, la sua nemesi. E’ lui, Akim, il suo Cucciolo d’uomo. E’ lui, Akim, la promessa di Mila.
Questo è il nuovo libro di Matteo Strukul, il terzo della saga della Zago, il numero 17 (e c’è chi dice che porti sfiga…) della collana SabotAge di E/O. Accantonate per un attimo le venature del romanzo storico, lo scrittore padovano, ormai acclamato capostipite di una generazione di scrittori pulp italiani, uno dei più venerati all’estero per quel suo modo di scrivere così tumultuoso e arrembante che tanto simile lo fa ai vari Altieri, Gischler, Guthrie (che, per inciso, proprio lui ha contribuito a portare in Italia), torna al primo amore. Ritmo serrato, dialoghi essenziali, scrittura sporca, che pure lasciano intravedere una complessità emotiva sempre più marcata. Cucciolo d’uomo è il solito Strukul super pulp, ma con venature sempre più noir. Pulp-itazioni estreme, spettacoli letterari, invenzioni narrative, ma anche molta denuncia sociale e soprattutto uno squarcio netto inferto al velo di silenzio che ammanta l’indegno fenomeno della tratta degli esseri umani.
Uno Strukul molto più maturo nei temi, ma che non rinuncia – e per fortuna! – alla sua carica d’adrenalina. C’è elettricità viva che percorre le pagine di questo suo ultimo libro, tanta che il rischio è di rimanerne folgorati, attaccati proprio come a un palo dell’alta tensione. Ma se doveste sentire il sussurro di spade che fendono l’aria, l’odore acre della polvere da sparo o quello ferroso e dolciastro del sangue in gola, sappiatelo in anticipo che non di effetti collaterali si tratta, ma si conseguenza naturale. La conseguenza naturale di Mila. E’ il suo rumore. E’ la voce nuda e cruda che fa le letteratura di Matteo Strukul.
Eppure, malgrado tutto, volteggia un senso di nostalgia dall’inizio alla fine, una paura di lontananza che immalinconisce. Perché chissà se Mila tornerà ancora o se resterà a cullarsi nel caldo di una casa tra le nevi. Lo sa soltanto lei.
http://www.statoquotidiano.it/15/05/2015/macondo-la-citta-dei-libri-146/333465/