Una serie di efferati omici per il commissario Vito Strega. Quando i ragazzi scherzano con la violenza. A colpi di videogiochi e mi piace su Facebook
Il canto degli innocenti di Piergiorgio Pulixi (E/o 2015, 224 pp, 15 Euro) è il primo capitolo di un ambizioso progetto in 13 episodi, intitolato I Canti del male, per raccontare le mille facce del male ai giorni nostri.
Un protagonista stuzzicante per questo primo episodio: Vito Strega, un omone, quasi un colosso, (alto un metro e novantacinque) che gira in Mini Minor 1971, descritto come “forte, irascibile e sanguigno”, ma anche un colto laureato, con ben tre lauree: giurisprudenza, filosofia e psicologia. Le donne lo amano, i mariti e gli amanti lo temono ma lui è complicato e forse complessato da antiche e mai dimenticate storie familiari che gli rovinano la vita. Uomo tutto d’un pezzo, educazione militare, figlio d’un ammiraglio, ex combattente, con storie alle spalle che vuole dimenticare, e generoso al punto di farsi male.
Una storia ambientata in una città sconosciuta e che pare avulsa dalla realtà, ma con tante cose che richiamano il presente. Però unici luoghi certi: la Bosnia e il Kosovo dove Vito è stato come fuciliere di Marina.
Comunque qualche cenno sulla trama: una serie di efferati omicidi con il sapore di vendetta, ribellione e riscatto, commessi da adolescenti fra i dodici e i quindici anni sono un bel guaio per la polizia. Anche perché il loro migliore elemento - tutti i colleghi lo ritengono il solo capace di fermare la spaventosa catena mortale e risolvere quello spaventoso rebus - è il commissario Vito Strega, brillante investigatore che è sospeso e in attesa di un possibile reintegro, solo dopo il parere positivo di una strizzacervelli.
Ma la strada è tutta in salita perché se in letteratura, il tabù per cui i bambini e i ragazzi devono essere innocenti per definizione è stato infranto più volte, stavolta addirittura viene spazzato via, perché non solo i ragazzi di Il Canto degli innocenti commettono terribili delitti, ma il farlo dà loro soddisfazione o almeno pare.
Ma perché lo fanno? Cosa li spinge o chi? C’è una mente perversa dietro di loro? Un burattinaio che condiziona le loro mosse?
Inquesto primo episodio della sua Saga del Male, Pulixi tocca con mano un discorso e un problema universale: il Male attecchisce sotto i nostri occhi e trova terreno fertile nelle menti più fragili e suggestionabili, quelle dei giovanissimi. Un mondo dominato dai video giochi e dove per contare c’è solo il mi piace sui social network.
In un thriller bisogna sempre fare un patto con la fiction. E quindi qualche esagerazione è ammissibile e si fa perdonare perché il suo romanzo si legge tutto d’un fiato.
Forse è più coinvolgente la prima parte e credo che il personaggio di Vito Strega, che è un uomo molto intelligente, o almeno pare, (a parte le solite coglioniate maschili di finire a letto con il pericolo) debba ancora crescere. E anche i suoi principali comprimari, salvo il vice questore, la gatta Sofia e la strizzacervelli psicologa già ben calibrati, quali la ex, la sua ispettrice, la ufficiale dei carabiniere cattivella, l’amica bambina con nonna simpatica, devono rimpannucciarsi meglio, ma la storia tiene e mette addosso il pizzicorino in attesa del seguito, affollato da altri dodici episodi (promessi) e ben polposo, immagino.
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