Cara Marilù, sono una donna che ha sempre combattuto contro le convenzioni, contro i pregiudizi. Ho lottato per affermare ogni volta le mie scelte, mai condivise perché a casa mia c'era sempre qualcuno che aveva da ridire. Oggi sono spossata ma anche carica di ansia [...] Ilaria G.
Cara Ilaria, ribellarsi, contrastare l'ordinario e le critiche comporta sempre un enorme dispendio di energie e prima o poi se ne sente il calo, ma non mollare la presa, allentala solo: basta che ti ricarichi e son convinta che tornerai la guerriera che fino ad oggi mi sembra tu sia sempre stata.
Forse una buona lettura potrà aiutarti. Il libro che ti propongo esce oggi per edizioni e/o, nella collana Sabot/age: La buona legge di Mariasole di Luigi Romolo Carrino. Proseguimento di Acqua Storta e sedicesimo pezzo della preziosa collezione ideata da Colomba Rossi e Massimo Carlotto, racconta il momento in cui la protagonista, Mariasole, si trova nella condizione di affermarsi in una società malavitosa e maschiocentrica come quella camorristica. L'ambientazione, l'avrai capito, è quella partenopea che lo scrittore conosce bene, essendo nato a Napoli, classe '68.
Mariasole si è trovata costretta prima a eseguire un ordine terribile, perché le regole impongono che non si possa dire di no a un capoclan, poi a consolidare il suo potere, nonostante le avversità, gli agguati, i tradimenti. E le regole imporrebbero omertà, dominio sui pensieri, rispetto dei membri. Il mondo che la circonda è claustrofobico e pericoloso, le possibilità di fuga non sono nemmeno contemplate. Mariasole è dentro fin nel midollo all'entità con cui deve misurarsi:
«La Federazione è la famiglia che ti sta intorno, dentro, in ogni luogo e nelle teste dei parenti. É il patto di soldi e la spartizione di territori, è il bilanciamento di tutti i comandi e la condivisione dello spazio nella cella di un carcere, è la proclamazione dell'esistenza di una tana sotterranea. La Federazione è la legge che vale quanto uno Stato, quanto una giurisprudenza, quanto il sangue che scorre nelle vene onorevoli».
Mariasole è grinta e luce, come dice il suo nome, e non trae la forza tanto dal suo status di vedova e figlia di mafiosi, quanto dal suo essere madre. Il marito Giovanni non c'è più – non ti anticipo chi l'ha ucciso, ma scoprirai che questo è un dato chiave – ti basti sapere che ritorna nei discorsi di lei, perché gli si rivolge sempre in seconda persona, in un rimando di assenza/presenza che rende più struggente la tensione.
Abituata fin da piccola a ricevere un trattamento speciale in quanto parente diretta del boss, Mariasole ha individuato i meccanismi di ossequio che spesso spingolo le persone a comportarsi in virtù di una propria convenienza o di un rispetto dovuto a priori: lei scorge oltre l'ipocrisia e mette in atto una strategia che ammicca ai comandamenti, ma li piega anche ai suoi fini. É questa, appunto, la buona legge di Mariasole annunciata nel titolo. Non avanza da sola, sa misurare le parole, da stratega raffinata qual è idea tesse un piano criminale contempla alleanze e "spalle" come Anna e Immacolata o il fidato Ferdinando, che, chi lo sa, forse prenderà il posto del defunto marito.
Cara Ilaria, io penso che leggendo questo libro, qualche volta anche tu potresti sentire come la bella antieroina di questo romanzo. Senti un po':
«Lo so come l'ansia ti morde lo stomaco. Cento calabroni sbattono nella pancia e ti pizzicano. Lo so come sale il sangue alla testa [...] Lo so come ci si sente quando il destino vuole mischiare le carte con il bene tuo, quando il destino ti vuole storzellare l'amore».
E concludo con una nota linguistica, proprio partendo da quell'infinito che tanto rende l'idea: "storzellare". Lo stile è molto particolare e curatissimo, Carrino – che è scrittore dell'interiorità (a tal proposito aggiungo ai consigli i suoi precedenti lavori) – qui si misura con l'azione, anche serrata, conciliandola con virtuosismi che planano dal lirico alle espressioni dialettali: il risultato è considerevole.