Lenù ha trentadue anni e si trova per qualche giorno a Montpellier, ad accompagnare Nino, impegnato in un convegno. Finalmente, si sente libera: dal ruolo di madre, di moglie, dal suo rione di Napoli, dall'Italia dalla quale, fino ad ora si è allontanata solamente una volta. Eppure, nonostante l'amore, il cibo e l'atmosfera europea la inebrino, alcuni elementi sono sempre pronti a destabilizzarla: il senso di colpa verso le proprie figlie (più avanti dirà: “Solo quando avvertivo che sarei stata capace di vivere senza di loro tornavo in me, mi ravvedevo”), la gelosia nei confronti di Nino - a chi telefona, come stanno realmente le cose con la moglie Eleonora? -, il giudizio dell'ex marito Pietro e della sua influente famiglia. E poi, soprattutto, Lila. È da parecchio che non si vedono, ma il pensiero dell'amica di sempre fatica ad attenuarsi, anche se in passato è stata scortese, anche se non avrebbe nessuna voglia di vederla...Siamo giunti alla fine. Si conclude la fortunatissima saga L’amica geniale di Elena Ferrante e questa storia di amicizia, in una Napoli - anzi, in un'Italia - che arriva a ridosso dei giorni nostri. Al di là del “caso” sulla misteriosa identità dell’autrice, il romanzo è molto bello, non c'è nulla da dire: racconta una storia, una storia di quelle che si dipanano lentamente, che vorremmo sempre ritrovare nei libri e leggere un pezzetto alla volta prima di andare a dormire. Una storia in cui il bene e il male sono due mani intrecciate inscindibilmente, in cui anche i personaggi primari hanno il coraggio di dire e fare cose bellissime, utili e allo stesso tempo meschine ed egoiste. Perché questa è la nostra natura e non è possibile fare altrimenti se non tentare il bene quotidianamente e unirsi gli uni agli altri, nonostante tutto, come quando Lila e Lenù si trovano a lavorare fianco a fianco (“Quanto tempo era che non ci impegnavamo insieme in qualcosa”). Commovente: non come i film americani strappalacrime sanno essere per calcolo, ma come solo la realtà, più amara che dolce, può essere.