Cinico, buffo e caricaturale: “Confessioni di uno spammer” [e/o, 2015, 188 pp., euro 16] è un ludico esperimento letterario, un bizzarro divertissement, fondato su un’idea abbastanza improbabile – quella di dare voce, credito e intelligenza alle mail di spam, mezze truffaldine mezze robotiche, raccontando la storia di uno che quelle mail le scrive. “Confessioni” è diviso in ottanta brevi capitoli: tecnicamente, si tratta di ottanta diverse email. Andrebbe considerato, quindi, una sorta di romanzo epistolare: un romanzo epistolare in cui leggiamo soltanto le mail spedite dal narratore, e ogniqualvolta appare una voce altra è solo perché viene da lui mediata (o inventata); è il romanzo di un demone Legione, in un certo senso. Un demone Legione che, come ogni bugiardo, è profondamente narcisista e portato a smascherarsi, almeno una volta, senza naturalmente essere creduto, là per là: “Ci sono delle email che, sebbene le riconosci subito come spam, le leggi dall’inizio alla fine e non riesci a capire come funzionano, dove prendono i soldi, dove sta il trucco. Non lo capisci, eppure sai che sono pericolosissime” [email 43, p. 101].
La sensazione è che la scrittura di Morici sia sempre più condizionata e contaminata dalle sue ripetute esperienze di performer, per reading e spettacoli dal vivo, tenuti in mezzo territorio nazionale: il libro, giocato per lo più sulla trascrizione di una lingua parlata, scombinata e ragazzina, e su dialoghi serrati, è puntinato, qua e là, da ricerche di effetto. In un certo senso, è come se Claudio Morici stesse facendo il passaggio inverso rispetto a certi comici, che partono dai teatri e dalla televisione per cercare, a un certo punto, un riconoscimento culturale diverso nella letteratura, rinunciando al grande pubblico e puntando a dialogare coi “pochi ma buoni” (si spera) delle patrie lettere; Morici si sta trasformando in una creatura da palcoscenico, dopo essere stato, per quindici anni abbondanti, creatura prettamente libresca (o al limite da ufficio, o meglio da agenzia), e sta passando dai “pochi ma buoni” (almeno, ci abbiamo provato) al pubblico di massa. Il risultato è divertente, giocattolone, caricaturale: “Confessioni di uno spammer” può diventare uno sketch, e in un certo senso, in quel caso, lo spam tornerebbe alle sue origini, ben lontane da internet: mattoidi, cinematografiche, assurde: pythonesche.
Nel contesto delle pubblicazioni moriciane, forse questo libro va considerato, alla stregua di “Derrumbe. Il fungo ha mangiato me” [Casini, 2004], pienamente interstiziale: frammentario, leggerissimo, sperimentale. Le ragioni sembrano però molto diverse: “Derrumbe” era un libro scarnificato, ridotto all’essenziale, e addirittura più disegnato che scritto, in certi tratti, dopo diverse riscritture; “Confessioni” invece è un’operazione diversa, estranea, a mio modo di vedere, alla sofferenza creativa che ha dato vita ai frammenti di “Derrumbe”: è un’esperienza scanzonata, irriverente, burlesca. Pop.