Anno 2013. Il futuro (peggiore) è nel passato (recente). Le ruote panoramiche non girano più, nella grande metropoli. Il mare è un fango cattivo che annega la vita. I prati sono specchi laceri, i laghi tumuli di cadaveri, le strade depositi di spazzatura. Le stazioni saltano in aria il 28 maggio, lo stesso giorno della strage di piazza della Loggia. La città è una distesa disorganizzata di vite sotto controllo. I suoi abitanti sono computer in cammino. Se ci vivi smetti di esistere. Puoi respirare, ma non sei più nessuno. Non conta il tuo pensiero, anche se credi di essere libero. Socialnetwork esmartphone ti daranno un’illusione vana, come un filo di zucchero a velo posato sulla punta del naso, quando ne senti l’odore e sai che non potrai gustarlo mai. Se ci vivi, la tua memoria diventa una ram aperta. Sei un contenitore. Nella metropoli grigia comanda la Red, una squadra speciale segreta della polizia. Tu sei un loro strumento. Tu sei loro. A capo c’è Vincent Tripaldi, un uomo cinico come un acido e duro come un diamante scheggiato. Per compagni di vita ha due serpenti e non si capisce se siano più velenosi loro per lui o lui per loro. A suo servizio, Vincent ha Leo, Sara e Naima. Al suo fianco, il goffo Oberdan. Sulla sua testa, Luca Basile. La Red ha un metodo ma non ha confini. Controlla a tappeto la città servendosi dei POV.I POV, cittadini inconsapevoli, punti di vista con affaccio sulla realtà. Il loro posto è sempre il posto sbagliato: quello dove accade un omicidio eccellente o un attentato. Sono gli occhi della Red puntati sulle strade La Red li rileva, li preleva, li ipnotizza, rende vivi i loro ricordi, ne pulisce le menti, infine li scarica. Scandaglia le loro menti, pesca a strascico sul fondo delle loro vite, rischiando di resuscitare vecchi dolori, bestie assopite sotto la coperta del tempo. Il posto sbagliato è la linea sottile che separa la percezione della libertà e la sua violazione. Il posto sbagliato è il confine. E “Nel posto sbagliato” è anche il titolo dell’ultimo romanzo di Luca Poldelmengo, il quattordicesimo della collana SabotAge di E/O.Un romanzo contropotere che racconta con spietata potenza la dipendenza dal potere che attanaglia tanto il potente quanto chi farebbe carte false per diventarlo, foss’anche per un minuto. Il libro, in questo senso, è così reale da diventare esemplare. Con venature fosche, mischiando ilnero-scerbanenco e il grigio-dick, e con un linguaggio che pulsa come una batteria nella tempia, Poldelmengo tratteggia profili impietosi di prede e di carnefici, a loro modo entrambi vittime della stessa bestia: la bramosia. Abitanti di un inferno in Terra in cui si è condannati, dantescamente, alla fame perenne ed eterna; cittadini di un mondo sballato e assimilatorio, che ha perso ogni riferimento sociale; popolazione di un mondo militare, del diritto delegato, governato dalla tecnologia. Non c’è scelta, non c’è dialogo. C’è soltanto la sirena assordante della repressione, sorellastra perfida della giustizia, che si spande su tutto e che tutto regna. Nella legge della Red non è contemplato l’errore, la vita diventa un calcolo e il risultato è più importante di come ci si arriva.“Nel posto sbagliato” è inquietante e oscuro, una cappa di fumo sull’anima. Entra dagli occhi e s’insinua alla gola. Mozza il respiro, suscita rabbia. “Nel posto sbagliato” è una critica, un sasso che increspa lo stagno, è una domanda di libertà sottoforma di noir. “Nel posto sbagliato” è un libro spaventoso, tanto più quando ci si accorge che è lo specchio riflesso su carta di un’Italia che ha smarrito la sua carta d’identità, persa sotto le macerie di decenni di ingiustizie. “Nel posto sbagliato”è un sasso, grosso, appuntito, letale. “Nel posto sbagliato” è un dito: quello con cui possiamo decidere di schiacciare il tasto OFF nella stanza dei bottoni.