Scusate se parlo ancora di Elena Ferrante. Ma dopo aver finito la tetralogia de L'amica geniale mi sentivo tristissima. Certa che non ci sarebbe stato un quinto volume, pativo l'abbandono. Sentimento che credo di aver condiviso con molti dei suoi lettori.Così, per smania e quindi incautamente, ho ripreso in mano alcuni vecchi libri di questa "scrittrice" (le virgolette stanno lì a significare che non sappiamo se si tratti di una donna o di un uomo). In particolare e con sprezzo del pericolo, ho riletto La frantumaglia. L'indice di Parla con leiUn libro brutto, brutto e fastidioso. Che sofferenza! Quante parole pesanti, che faticoso argomentare, che curiosa presunzione espungere da un romanzo alcune parti e poi pubblicarle in un altro libro, usandole per offrire nuove spiegazioni. Dopo aver scritto che non servono spiegazioni. Un fiume di parole giustificato dal fatto che in nessuna altra occasione può esporre la sua identità, come se fossimo noi ad averla costretta a rimanere nascosta, e lei lo trovasse insopportabile.Eppure rileggere quel libro mi ha fatto bene. Alla fine, quando l'ho chiuso certa che non l'avrei aperto mai più, ho provato una gioia festosa. Perché mi ha confermato la tesi che i veri scrittori invecchiando diventano migliori. In alcuni casi, come quello di Elena Ferrante, incomparabilmente migliori. E che la letteratura, come sa chiunque la ami davvero, è una delle poche attività umane in cui l'esperienza conta più dell'esuberanza e gli anni che passano sono un dono.Quindi buona befana a tutte le scrittrici e le loro scope, e in particolare a Elena Ferrante, che ha scritto quattro libri magnifici nella sua maturità.