Autore: Alessandra Di Pietro
Testata: La Stampa
Data: 10 dicembre 2014
Il Foreign Policy ha inserito la scrittrice italiana Elena Ferrante tra i 100 pensatori più influenti del mondo per aver scritto "romanzi onesti e anonimi" e se è vero il primo aggettivo lo è di meno il secondo: il nome e il cognome ci sono, quel che manca è un volto ma in Italia nessuno se ne fa una ragione. Rinunciando alla visibilità, Elena Ferrante non sgomita per le ospitate televisive, né pare, potrà mai partecipare al Premio Strega, ed è un grande peccato, lo merita tutto, sarebbe tra l'altro la prima donna dopo undici anni (notava il New York Times che abbiamo il premio letterario più maschilista d'Europa). Ma tutto questo che cosa ha a che vedere con la sua arte? Niente. Così in una delle poche interviste concesse quest'anno, via mail, sul quotidiano La Repubblica, la scrittrice ha sbottato: "Sapere la mia identità è una smania che attanaglia solo la cerchia ristretta di quelli che lavorano nei media. Per capirci, il vuoto che ho lasciato di proposito, lei si sente chiamata a riempirlo con una faccia, mentre" i lettori lo riempiono leggendo. Come accade in America dove Elena Ferrante ha conquistato, tra le pochissime firme italiane, il pubblico e la critica. E ad ammaliarli non è stato l'anonimato né la Napoli sullo sfondo, ma la magnifica narrazione di una storia universale, l'amicizia lunga una vita tra due donne nate e cresciute in povertà, l'ascesa sociale, i fallimenti, gli amori sbagliati, i figli che non sono mai come li desideri, la vecchiaia solitaria, la ferocia dell'appartenenza a persone e luoghi che ti reclamano. Come sperimenta Elena che da bambina senza scarpe diventa scrittrice famosa e si imborghesisce ma è solo dentro il rione, accanto alla sua amica geniale che le si accende la testa, quando segue il flusso vitale senza chiedersi perché. Che poi è quello che succede a chi ama Elena Ferrante e sta dalla sua parte, per come lei ha scelto di viverla, prendendosi il bello, mistero compreso di questa relazione.