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Elena Ferrante | Storia della bambina perduta

Autore: Cecilia Lazzaroni
Testata: Finzioni magazine
Data: 3 dicembre 2014
URL: http://www.finzionimagazine.it/libri/brioches/elena-ferrante-storia-della-bambina-perduta/

L'ultima pista della giornata porta sfiga, chiunque sia stato sulla neve almeno una volta lo sa. Per questo molti, alla proposta dello sprovveduto di turno di fare l'ultima discesa, preferiscono fermarsi.

E anche l'ultimo libro di una serie spesso è critico. Un ultimo capitolo riuscito male, un finale troppo ambizioso o troppo poco grandioso possono rovinare una serie intera. Così, quando finalmente ho stretto tra le mani l'agognato Storia della bambina perduta, sono stata assalita dal sacro terrore dell'ultima pista – o dell'ultimo libro. L'ho riposto nello scaffale dei libri da leggere e ho iniziato Colpa delle stelle (che, oh, non è poi così male!)

Avevo davvero un sacco di dubbi: avendo amato alla follia i primi tre romanzi de L'amica geniale, e ritenendo la prosa di Elena Ferrante impeccabile, mi domandavo come fosse umanamente possibile mantenere un simile livello non per tre, ma per addirittura quattro volumi. 

Avevo paura di non essere nuovamente rapita dalla narrazione come lo ero stata in passato, di non trovare più la sensazione di confidenza che nei capitoli precedenti si era stabilita tra me e Elena Greco, la protagonista. Avevo anche paura – e qua il mio ragionamento comincia a farsi involuto- che la mia paura finisse per bloccarmi, per impedire che mi avvicinassi alla lettura con l'apertura necessaria ad apprezzarla. Torniamo sulla neve: mi sentivo esattamente come quando, dopo un anno senza inforcare gli sci, hai paura di non essere più capace. Poi sei in cima alla montagna, guardi giù e l'unico modo per scendere è lasciarsi andare. In un attimo ti accorgi che sai ancora sciare. E allo stesso modo, al primo capitolo di Storia della bambina perduta è tornato tutto come prima.

Non solo la sensazione di conoscere benissimo tutto ciò di cui Elena Ferrante parla, non solo la sensazione di avere dentro di me al tempo stesso la diligenza di Elena e la trasgressione di Lila, ma anche l'ammirazione per come l'autrice sembri scrivere sempre la verità.

Uno scrittore prende una bella storia e scrivendola cerca di renderla ancora più bella. Elena Ferrante ha preso una storia e l'ha raccontata. Una storia, perché a pensarci bene non c'è nulla di straodinario, di eccezionale o magico nelle vite di Elena e Lila. Poi ha preso la carta vetrata e dalla storia che aveva raccontato, Elena Ferrante ha grattato via tutto il superfluo, fino a lasciarla nuda di vernici, smalti e belletti. Questo è quanto di più vicino ci possa essere, su carta, alla verità dell'esperienza umana.

E la verità non è sempre bella. Che Elena (Greco) lasci le sue figlie in giro a destra e a manca e che sia innamorata di un uomo sposato e con famiglia, questo non è per forza bello. Che Elena abbia bisogno di adottare strategie d'attacco e difensive in quella che dovrebbe essere una cosa naturale e pura come l'amicizia, non è bello, fa schifo. Fa schifo, ma funziona: capiamo tutto senza bisogno di una riga di spiegazione, senza chiose. Perché è la verità.

Non devi provare invidia per la tua migliore amica, perché l'invidia è una cosa brutta. Ma tu, non l'hai forse mai provata? Elena è egoista, ma tu non sei mai stato egoista? Elena vorrebbe essere migliore, ma è ancorata alla sua normalità e non riesce a svincolarsene. E tu? Leggendo la Ferrante, anche questa volta, mi sono sentita messa a nudo. La verità è nuda.

Non ero sicura, all'inizio della lettura, di voler fare quest'ultima pista. Avevo troppe paure e sicuramente troppe aspettative. Ma non è detto che all'ultima pista ci si faccia male, o che l'ultimo libro di una serie rovini tutto. Anzi, chi ha detto che l'ultima pista non può essere la migliore?