Quando ho pescato Lezioni in Paradiso da quella impresa architettonica che è la pila dei libri da leggere, stavo attraversando un momento particolare. Avevo appena finito un libro che mi aveva riempito il cuore e la mente e giacevo sul divano senza trovare motivi validi per abbandonarlo. Non avevo nessuna aspettativa, e ad esser sincera già pregustavo una serie di commenti snob che avrei potuto snocciolare. Dopo averlo terminato, nel giro di un pomeriggio, mi sarei presa a schiaffi.
Il libro di Fabio Bartolomei, con una storia delicatamente fantasiosa (di cui non dirò nulla perché merita di essere scoperta), ma molto aderente alla realtà in cui siamo involontariamente immersi, mi ha fatto sorridere di gusto dalla prima all’ultima pagina.
Non riesco a fare a meno di utilizzare una metafora culinaria, ma leggere questo libro è stato un po’ come mangiare un dolce, piccolo ma squisito, dopo una lunga dieta; mi sono chiesta: “Ma come ho fatto a privarmi di questo piacere?”.
Il piacere è quello dato da una scrittura che con una leggerezza e una delicatezza che avevo dimenticato riescono ad arrivare in profondità; un piacere legato alla semplicità che in queste pagine diventa un valore aggiunto.
Una deviazione dal mio (personalissimo) percorso di lettura che mi ha ribadito quanto sia importante sapersi lasciare andare all’imprevisto, anche quando si tratta di un libro.
