Un ristorante di lusso. Un uomo e una donna iniziano a parlare. È la prima volta che si incontrano. Ma il loro non è un incontro normale. Lei è costretta a stare lì e a rispondere alle domande sempre più inquietanti e morbose dell’uomo. Più l’elegante sconosciuto si intrufola nella sua vita, più la donna si rende conto di avere davanti un mostro manipolatore e affamato di controllo. Dalle domande scabrose e imbarazzanti si arriva a umiliazioni sempre più crudeli, in un gioco psicologico al massacro a cui la donna non può sottrarsi. Ma quella sera una serie di rivelazioni ribalteranno drasticamente ruoli e copione, perché le apparenze ingannano e niente in quel ristorante è come sembra. Attraverso dialoghi serrati che fanno emergere tutta la tensione e la brutalità latente, l’autore ci conduce in un noir psicologico ricco di colpi di scena e suspense, esplorando i territori della perversione umana, dell’ossessione per il controllo e del pericolo che corre la nostra privacy in un mondo virtuale in cui le nostre vite sono facili prede di lupi mascherati da agnelli.
Piergiorgio Pulixi è nato a Cagliari nel 1982. Fa parte del collettivo di scrittura Sabot creato da Massimo Carlotto, di cui è allievo. Insieme allo stesso Carlotto e ai Sabot ha pubblicato Perdas de Fogu (Edizioni E/O 2008) e L’albero dei microchip (Edizioni Ambiente 2009), e singolarmente il romanzo sulla schiavitù sessuale Un amore sporco, inserito nel trittico noir Donne a perdere (Edizioni E/O 2010), i polizieschi Una brutta storia (Edizioni E/O 2012), miglior noir del 2012 per i blog Noir Italiano e 50/50 Thriller, e La notte delle pantere (Edizioni E/O 2014). Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati sul Manifesto e su Micromega.
L’appuntamento (Edizioni E/O 2014) è i suo ultimo romanzo.
Benarrivato Piergiorgio, nell’angolo delle News di Giallomania.
Grazie mille, è un piacere tornare qui.
Ciao Piergiorgio, ci ritroviamo per parlare del tuo ultimo romanzo L’appuntamento, un noir psicologico. Come nasce?
L’idea di partenza è molto semplice. Un uomo e una donna sono seduti al tavolo di un ristorante di classe. Non si conoscono. Sono lì perché uno di loro è costretto a trovarsi là, incastrato nel “gioco degli appuntamenti”. L’altro personaggio, invece, è lì per sua volontà, per esercitare il potere che i soldi e la sua posizione sociale gli permettono di avere. Solo che la serata, che inizia tra umiliazioni e crudeli giochi psicologici, d’un tratto prende un taglio inaspettato… Volevo in qualche modo portare il lettore in quel ristorante, a fianco a quel tavolo, a origliare quell' "appuntamento". Come a teatro... Trovavo molto affascinante vedere come reagivano due sconosciuti, spogliandoli di tutte le bugie e le maschere, perché tutti abbiamo delle maschere, e questi due personaggi in particolare.
Un inizio particolare, un uomo e una donna si incontrano in un ristorate di lusso. Come avviene la scelta di iniziare un romanzo, in cui sembra mancare un precedente e perché?
Penso dalla mia passione per i dialoghi. Tutto è iniziato così, un tavolo, un ristorante di lusso, del jazz leggero in sottofondo, e due sconosciuti che iniziano a parlare e a raccontarsi cose terribili. È stato il dialogo a prendere la mano e a “formare” la storia. La loro conversazione mi ha svelato i loro caratteri, e il non detto in questo caso parla ancora più incisivamente di chi sono e di ciò che vogliono nascondersi a vicenda. Il romanzo ha un taglio molto teatrale o cinematografico e sono i dialoghi a portare avanti la storia.
In quest’opera si parla di violenza psicologica. Tra la violenza psicologica e quella fisica qual è quella più devastante?
Non penso di avere una risposta, sono entrambe terribili. Posso dire, però, che spesso la violenza psicologica lascia delle ferite impossibili da rimarginare. Pensa al nazismo, o alle tecniche di tortura moderne: più che sulla violenza fisica, si punta sull’umiliazione e sulla spersonalizzazione della vittima, lasciandoti delle cicatrici invisibili agli occhi ma devastanti a livello psicologico, da cui spesso è impossibile riprendersi. Tornando al romanzo, uno dei due personaggi è un maestro in questo: aprire ferite dentro, nell’animo, accanendosi senza pietà.
Nella stesura di questo noir, che tipo di chiave di lettura volevi trasmettere al lettore?
Io cerco di scrivere sempre per intrattenere il lettore, è questo il mio principale obiettivo: portarlo via in un luogo dove il tempo si ferma ed è la storia a dettare il ritmo. Anche qui, ne “L’appuntamento” è quello che ho cercato di fare: la brevità della storia, e l’immediatezza del racconto credo che facilitino l’immersione dentro la storia. Tangenzialmente il lettore potrebbe trovarsi a riflettere sul potere, sulla malvagità insita in alcune persone e sul come alcune scelte determinano la nostra salvezza o la nostra rovina.
Un altro argomento importante che emerge dal tuo scritto è l’apparenza e su quanto ti può ingannare. Nella società in cui viviamo quanto conta l’esteriorità per te?
Forse tutto. In un mondo in cui l’immagine è tutto, specialmente mediata in modo fulmineo dai social-network, basta poco per dimenticarsi che gli schermi che abbiamo davanti sono come delle finestre sul mondo: un po’ come quei vetri a specchio che riflettono la nostra immagine nelle stanze degli interrogatori della polizia, ma in realtà dall’altra parte del vetro qualcuno ci osserva e ci giudica. Il web è così. C’è da dire, però, che è anche possibile manipolare questo gioco cannibale, ed è quanto accade nel romanzo, ma non posso dire di più…
È già stato scritto e visto tanto sul tema della privacy. Siamo tutti sotto l’occhio del grande fratello e facciamo parte di questo mondo virtuale. Non abbiamo più possibilità di nasconderci e siamo delle facili prede, tutto questo non è una novità. Perché hai pensato di trattare questo argomento adesso e non prima. Cosa è cambiato secondo te?
Forse è cambiata la mia percezione del problema. Mi sono reso conto che viviamo in una società che tende molto a uniformarci, a renderci tutti uguali, spersonalizzandoci in qualche modo. Noi, come persone, ce ne accorgiamo e come risposta psicologica cerchiamo di far sentire la nostra identità, la nostra specificità laddove possiamo, in quei luoghi in cui è ancora possibile farlo: internet, i social network, sono alcuni dei posti in cui la gente cerca di affermare la propria identità, sfogando questo disagio di massificazione. Questo è sicuramente giusto ma al tempo stesso pericoloso se non lo si sa gestire. È più semplice di quanto crediamo farci del male e fare del male protetti dagli schermi dei pc e degli smartphone, ed è ancora più facile dimenticare che la nostra identità virtuale e quella reale sono sicuramente due cose distinte, ma dall’esterno vengono percepite come la medesima cosa. Ciò è assai rischioso. E a livello di protezione della privacy siamo ancora troppo indietro: è ancora troppo facile violare la vita digitale di una persona e prenderne il controllo, e a livello legislativo siamo ancora all’età della pietra: Polizia Postale e Sezione Informatica dei Carabinieri e della Guardia di Finanza hanno le mani legate su almeno la metà dei casi e delle segnalazioni.
Ultima domanda prima di salutarci, progetti per il futuro?
Sempre… a Marzo 2015 uscirà un romanzo thriller per le Edizioni E/O e in autunno il terzo romanzo della serie di Biagio Mazzeo per Sabot/Age la collana diretta da Colomba Rossi e Massimo Carlotto sempre per E/O. Al momento sto lavorando su altri progetti ma è ancora presto per parlarne.
Grazie della tua disponibilità e cortesia, ci vediamo al prossimo libro.
Grazie mille a te per l’ospitalità.