Elena Ferrante è una scrittrice napoletana che da ormai molti anni sta ottenendo un enorme successo, con il favore della critica e dei lettori anche negli Stati Uniti, complice una raffinata traduzione. A dispetto di un tale exploit, la sua identità rimane nel più fitto mistero.
Nella classifica dei libri stranieri letti dagli americani figurano, ai primi posti, nomi eccellenti. Si scorre la lista e, poco più in là, tra i primi, c’è Elena Ferrante. Un fenomeno incredibile: grazie all’accurata traduzione di Ann Goldstein, che pare ne renda l’essenzialità del linguaggio, una scrittrice napoletana- di cui, per inciso, nessuno sa niente- ha ottenuto un incredibile riconoscimento critico non solo qui in Patria, ma anche in America. A proposito di vendite commerciali, solo l’ultimo titolo ha venduto circa 30 mila copie. Ma chi è Elena Ferrante? Questo è il problema. Elena Ferrante, a sentire l’elogio che ne fa, proprio pochi giorni fa, Il New Yorker, la Ferrante è in grado di rapire il lettore in modo unico e, secondo uno stile ormai di grande moda negli articoli di fondo dedicati alla cultura, l’articolista parla in prima persona e racconta della sua esperienza-travolgente, intrigante- della lettura di Elena Ferrante.
Elena Ferrante, si diceva, è in America un fenomeno letterario ormai grande. E non solo in America. Tanto per cominciare, attualmente non esiste sistema letterario più chiuso e florido di quello degli USA. Chi scrive è di recente tornato dall’America e ha potuto constatare che non sono pochi gli intellettuali, al contrario di quello che si pensa (e che io stesso pensavo) che, con buona pace di Harold Bloom, tendono a criticare i grandi autori contemporanei americani: Pynchon, De Lillo, Franzen, e così via. Tuttavia è pur vero che gli americani (si parla sempre di un’èlite, sia chiaro, e molto influenzata dalla pubblicità delle “majors” editoriali) vivono molto di più l’idea della letteratura contemporanea: con continue classifiche, continue mitizzazioni e riflessioni sul mito che, da William Carlos Williams in poi, è il Great American Novel.
Ma è anche vero che, in America, non esiste e non è mai esistita una cultura critica prescrittiva o, se si vuole, implicitamente prescrittiva. È vero che anche la critica europea è disincantata e non pensa di poter influenzare molto i lettori, ma mentre in Europa si tende ancora a costruire grandi strutture concettuali per promuovere letture, in America, di base, predomina il gusto di massa: la pubblicità e l’opinione pubblica influenzano molto i lettori, ma i critici accademici studiano i testi come oggetti neutri, e nessuno pretende di influenzare in modo diretto o indiretto chi li legge. E dunque ecco una cosa che ancora pochi sanno ma che è notevole, per non dire incredibile da molti punti di vista: il successo di Elena Ferrante negli States.
Da un lato Il Mito del Great American Novel, la cultura letteraria più isolazionista d’Occidente, dall’altro lo sciovinismo con cui guardiamo ai nostri prodotti da esportazione, eppure… uno dei fenomeni commerciali più influenti in America è Elena Ferrante: non solo Stephen King, o Wilbur Smith dunque. Ma chi è Elena Ferrante? Questo non si sa. Ed è questo il lato interessante. C’è chi dice che si tratti di Goffredo Fofi. Qualcuno testimonia oltretutto che, interrogato tendenziosamente, Domenico Starnone abbia tradito un sorriso rivelatore mentre negava seraficamente di aver firmato i libri di Elena Ferrante. La nostra cultura è talora troppo influenzata dall’avanguardia per capire che esattamente perché c’è un fenomeno commerciale in atto, è necessario da indagare: i più grandi narratori dell’Ottocento lo erano e, sebbene analoghi troppo frettolosi siano devianti per molte ragioni, è pur vero che spesso, anche se non sempre, il successo è uno dei possibili segni del talento.
E poi si aprono i libri di Elena Ferrante, e si scopre che sono scritti molto bene. L’indagine che abbiamo fatto è ancora sommaria, e sicuramente lo stile sembra molto lontano da quello, più sostenuto, di Via Gemito di Domenico Starnone (che sia un virtuoso stratagemma per confondere le acque?), e tuttavia ad una prima indagine la pagina che abbiamo di fronte è una pagina intrigante, di grande capacità affabulatoria e incalzante nella scrittura della narrazione e dei dialoghi. È proprio una lettura fatta per coinvolgere il lettore: un’incredibile capacità di avvincere, questo è l’aspetto che salta all’occhio di più.
E questo, a quel che sembra testimoniare l’unica forza motrice che porta a leggere i libri in Italia - ovvero il passaparola- Elena Ferrante ci riesce molto bene. I primi titoli della Ferrante acquisiscono risonanza nella coscienza collettiva anche grazie a film di cineasti rinomati come Mario Martone autore di un film (omonimo) tratto da L’amore Molesto, un titolo della Ferrante del 2002, che ebbe un grandissimo successo al Festival de Cannes, e poi ancora I giorni dell’abbandono, un film di Roberto Faenza che racconta con taglio melodrammatico l’esperienza della separazione coniugale, e che forse è una delle pellicole più riuscite del regista. Una literary Scholar specializzata in Gender Studies, Stilina Milkova, ha già dedicato a L’amore molesto una recensione lusinghiera e sull’opera della Ferrante dei primi penetranti studi.
Ma un posto d’onore lo occupa, nei lavori della Ferrante, la trilogia de L’amica geniale: si tratta di tre libri che fanno corpo narrativo a sè, dal taglio chiaramente autobiografico e in cui, a quanto ci sembra, emerge il dato che più di ogni altro porterebbe a supporre che una donna di Napoli di nome Elena Ferrante, che ha scritto tutti questi romanzi, esista davvero: e cioè la sensibilità spiccatamente femminile. Questi libri raccontano le vicende di Elena Greco: il primo la vede ritratta e descritta attraverso il rapporto intenso con un’amica, in uno di quei rapporti che si possono vivere con tale intensità solo durante l’infanzia. I seguenti, usciti nel 2012 e nel 2013, si intitolano Storia di un nuovo cognome e Storia di chi fugge e di chi resta. Mentre il primo racconta la lenta metamorfosi di questa amicizia dapprima nella naturale distanza dovuta alla crescita e poi addirittura la rivalità fra le due donne, il terzo volume invece prosegue la parabola narrativa delle due vicende umane allargando il quadro, dipingendo il Sud del progresso industriale del secondo Novecento.
Chi è Elena Ferrante? Qualunque ricerca biografica, tentazione inevitabile derivante dal successo, è finora risultata deserta. Probabilmente è solo una scrittrice che ha deciso di fare a meno del simulacro con foto e riassunto esistenziale posto in quarta di copertina; oppure è un abile scrittore che ha costruito un’identità parallela, vi dà una voce artistica propria e ottiene enorme successo, giocando in equilibrio fra molte ambiguità. La frantumaglia, ultima opera della Ferrante, vorrebbe essere una risposta a questa curiosità che, necessariamente, ci porta a fantasticare al di là della parola sulla vera personalità che l’ha scritta; ma basterà? O il margine delle persone indiziate crescerà? In ogni caso, siamo di fronte a un caso letterario che si è guadagnato vigorosamente attenzione.