Sanantonio, il commissario anti-Maigret
Autore: Antonio D'Orrico
Testata: Sette
Data: 1 gennaio 1970
Fédéric Dard si presentava così: «Non ditemi che sono un letterato. Io sono il bicarbonato di sodio della letteratura: non faccio pensare, faccio ruttare». Se qualcuno non afferrava il concetto era pronto a ribadirlo con altre immagini e altre parole (le immagini e le parole non gli sono mai mancate e le sue opere lo testimoniano): «l miei libri sono dei minestroni: carote, cavolo e ogni tanto un pezzetto di carne. Un ristorantino a prezzo fisso. Il piatto del giorno, però, è cucinato con cura». Giocava a sminuirsi Frédéric Dard ma è stato un grande scrittore. Fu lui, nel1949, a inventare il personaggio di Sanantonio della polizia parigina che fu subito definito l'anti-Maigret. Non ci sono due commissari più diversi tra loro di Sanantonio e Maigret. Il primo è donnaiolo, sbruffone, casinista, manesco, beffardo. n secondo è monogamo, taciturno, solitario, malinconico, sornione. Così come non ci sono due scrittori diversi tra loro come Simenon e Dard. Il primo scrive per sottrazione (all'insegna del segno meno) e, come ha detto una volta per tutte Faulkner, crea atmosfere alla Cechov. Dard, invece, scrive per eccesso, (all'insegna del segno più), in maniera ottima e abbondante come si diceva del rancio nelle caserme, e se c'è un autore da citare per spiegare il suo stile bisogna fare i nomi dei grandissimi Rabelais e Céline, e non è una bestemmia. Dard ha il loro stesso modo di usare un francese funambolico, al limite dell'impazzimento linguistico. La lunga serie delle avventure del commissario Sanantonio fu importata in Italia negli anni Settanta, una ventina d'anni dopo il suo debutto in patria. La casa editrice Mondadori gli dedicò una apposita collana, accoglienza minima per un autore che ha venduto nel mondo 240 milioni di copie. Ebbe subito lettori fedelissimi che sono poi rimasti orfani quando le pubblicazioni sono cessate nonostante alcuni tentativi di rianimazione da parte di altri editori. Uno degli orfani sanantoniani è Gian Luca Pellegrini, il direttore della rivista Quattroruote, che mi ha scritto quando di recente ho ricordato con debita commozione il vecchio commissario: «lo possiedo non una, ma ben due collezioni complete dei gialli di Sanantonio pubblicati in Italia da Mondadori, Erre e Rosa/Nero, evidentemente colpito sin da giovinetto da una passione ancor oggi ben presente. E non nascondo che la scelta di diventare giornalista ebbe molto a che vedere con il desiderio (rimasto tale per limiti poi apparsi evidenti) di replicare quel linguaggio di straordinaria inventiva. Resto dunque in attesa di leggere altro sulla mia "letteratura da treno" così la chiamava lo stesso Dard preferita. Intanto, un grazie per l'inatteso omaggio». È proprio così. Per noi sanantoniani il commissario era un mito stilistico. I suoi erano puri gialli d'azione con protagonista un detective all'americana che agiva sullo sfondo inconfondibile di Parigi. L'ispirazione era pulp, la velocità di racconto era quella dei cosiddetti polizieschi da edicola ferroviaria (le avventure di Sanà si leggono in un batter d'occhio). I suoi nemici erano dei pazzi sanguinati un po' come i famigerati nemici di James Bond (Sanantonio si muove più come un agente segreto che come un commissario di polizia). Ora le edizioni E/O stanno ripubblicando in ordine cronologico i gialli di Dard (ne sono già usciti più di una decina) e, da veri intenditori, stanno privilegiando le stupende traduzioni di Bruno Just Lazzari (uno scrittore come Dard ha bisogno di un partner all'altezza che sappia rendergli giustizia). Perché questa letteratura/bicarbonato di sodio sa andare molto in basso ma anche molto in alto ed è una prosa da maneggiare con cura (anche se a volte il lettore non se ne rende conto e questo è un altro segno della bravura di Dard). Una prosa, come dice lo stesso Sanantonio, «da chiudere nell'armadietto dei veleni». Provatela. Non potrete più fame a meno.