Con Una bambina e basta (1994), e con gli altri libri che si sono susseguiti negli ultimi vent'anni, Lia Levi ha conquistato un posto di assoluto rilievo nella letteratura di testimonianza sulla Shoah. Il suo è uno stile riconoscibilissimo, drammatico e nello stesso tempo lieve, sempre attento a guidare il lettore nel microcosmo della comunità ebraica romana all'epoca della Seconda guerra mondiale, in un intrecciarsi di speranze e disillusioni, di generosità e tradimenti che finiscono per comporre una Commedia umana non del tutto involontaria.
Alla galleria di personaggi evocati e rievocati da Lia Levi si unisce ora Corrado, il giovanissimo protagonista del Braccialetto. La trama del romanzo si consuma in poche, fatali settimane, quelle che separano l'euforia del 25 luglio 1943 (la destituzione di Mussolini, la caduta del fascismo) dalla tragedia del 16 ottobre dello stesso anno, il giorno in cui le truppe d'occupazione tedesche fanno irruzione nel Ghetto, deportandone gli abitanti. Il fondale del Braccialetto è dominato dall'incertezza che grava sugli ebrei italiani nel momento in cui la dittatura
sembra finalmente sconfitta Tutto lascerebbe intendere che l'abrogazione delle leggi razziali debba avvenire in modo automatico, ma così non è, per un concorso di cause in cui l'inerzia burocratica va di pari passo con l'opportunismo politico. All'impazienza di Corrado, stanco di essere confinato tra le mura della scuola ebraica, corrisponde l'idealistica infatuazione dell'amico Leandro, che invece gli invidia lo stato di eccezione proveniente dall'appartenenza al popolo eletto.
Le inquietudini degli adolescenti replicano a loro volta le pene e le preoccupazioni degli adulti, in particolare quelle della famiglia di Corrado, simboleggiate dal braccialetto d'oro al quale la bellissima madre del ragazzo pare assegnare un contraddittorio potere di salvezza. Svetta, su tutti, l'anziana parente a cui Leandro è stato affidato dai genitori:
una nobildonna russa capace di riconoscere nella cronaca di quei giorni sospesi l'avvicinarsi di una tempesta assai simile a quella della Rivoluzione d'Ottobre. È nel personaggio di Olga che Lia Levi torna a celebrare la solidarietà da lei stessa sperimentata dei cristiani che vollero aiutare gli ebrei nel tempo della persecuzione, aggiungendo però un dettaglio problematico. Ben introdotta negli ambienti di Curia, la misteriosa Olga allude a un certo punto alla possibilità che la fine della discriminazione contro gli ebrei sia in parte rallentata dalla diplomazia vaticana Si tratta, come spiega in una nota la storica Anna Foa, di una citazione della lettera con cui nell'agosto del1943 padre Pietro Tacchi Venturi, intermediario tra la Santa Sede e il Governo italiano, si pronunciava a favore della conservazione di alcuni restrizioni (peraltro non precisate) presenti nella pur odiosa legislazione fascista. Un documento finora variamente interpretato, dal quale, secondo la stessa Anna Foa, traspare la permanenza del pregiudizio antigiudaico