«Scrivo per non mentire». Firmato: Elena Ferrante
Autore: Fabrizio Coscia
Testata: Il Mattino
Data: 28 agosto 2014
Una rara intervista al patinato «Vogue» e a seguire un ritratto a tre firme su «T», il magazine più trendy del «NewYorkTimes », hanno fatto scoppiare in breve tempo la Elena Ferrante-mania negli States, a pochi giorni dalla pubblicazione - il2 settembre - di Storie di chi fugge e di chi resta, terzo volume del ciclo L'amica geniale. A conferma dell'interesse montato attorno alla misteriosa scrittrice napoletana è l'improvviso rialzo del prezzo della prevendita del libro su Amazon, salito in pochi giorni da poco più di sette dollari a 9,99. Strategie di mercato? In realtà la fama della Ferrante in America non è una novità: già due anni fa, infatti, il "New Yorker" dedicò alla scrittrice un ampio profilo di James Wood, il quale scrisse che Thomas Pynchon, a paragone dell'autrice de L'amore molesto, era un «maniaco della pubblicità». Ne seguì un lungo ed efficace passaparola che fece guadagnare alla Ferrante un fedele e appassionato clan di lettori, con la pubblicazione dei suoi romanzi tradotti da Ann Goldstein per la casa editrice Europa Editions. E di recente anche il Premio Pulitzer Elizabeth Strout ha dichiarato la sua grande passione per la scrittrice, dicendosi meravigliata dall'ipotesi che dietro la sua identità possa celarsi un uomo. Ad attirare l'attenzione dei media in Usa, anche in questi giorni, oltre alla scrittura della Ferrante - che su «T)) è stata definita «uno dei più acuti osservatori della società italiana» e paragonata a Marguerite Duras e Edward St. Aubyn - è infatti ancora una volta l'identità nascosta dell' autrice (o autore) napoletana, come dimostra il titolo stesso del profilo pubblicato sul magazine del Nyt: «Who is Elena Ferrante?». Un'identità che di volta in volta è stata attribuita, nel tempo, a nomi diversi, in una scatenata e ben poco letteraria caccia all'autore: da Fabrizia Ramondino a Michele Prisco, da Goffredo Fofi, consulente della e/ o, la casa editrice di tutti i libri della Ferrante, ad Anita Raja, la direttrice della collana che ha pubblicato L'amore molesto, fino al marito di quest'ultima, lo scrittore napoletano Domenico Stamone, la cui opera è stata perfino comparata a quella della Ferrante con un programma informatico messo a punto alla Sapienza di Roma, per individuare le sequenze linguistiche di un testo, ricavandone un comune «albero filogenetico». Indizi e prove mai confermati dai diretti interessati, ma che hanno alimentato negli anni il mito della scrittrice senza nome e senza volto. Di lei si sa pochissimo: solo che è nata a Napoli nell943 e che ha lasciato la città per vivere all'estero; forse in Grecia. Nell'intervista rilasciata pochi giorni fa su «Vogue)) a Megan O' Grady - rigorosamente via email e corredata dalla foto di due ragazze in bikini, il volto coperto da un cappello di paglia, su una spiaggia italiana anni Sessanta- Ferrante rievoca la sua infanzia a Napoli, vissuta in una casa con pochissimi libri, e i suoi esordi nella scrittura, quando da ragazzina accettò la proposta del suo compagno di banco di scrivere un romanzo insieme, ma dopo aver letto il primo capitolo scritto dall'amico, decise di riscriverlo e di completare l'intera storia da sola, rinunciando al progetto a quattro mani. «Da allora - confessa la scrittrice -la passione per la scrittura non mi ha mai più lasciato, anche se per me la passione di scrivere non è mai coincisa con il desiderio di diventare uno scrittore. La passione era, per sua natura, privata». La Ferrante racconta a «Vogue» anche l'incontro perturbante e incantatorio con la letteratura, quando, a sedici anni, fu letteralmente stregata dalle Confessioni di un italiano di Ippolito Nievo e, ancora di più, da Menzogna e sortilegio di Elsa Morante. «Qui ho scoperto - confessa la scrittrice - quello che la letteratura può essere. Quel romanzo ha moltiplicato le mie ambizioni, ma ha anche pesato enormemente su di me, paralizzandomi». Questa «anxiety of influency», come la chiamerebbe il critico americano Harold Bloom, subita dalla scrittura di Elsa Morante, ha bloccato la Ferrante per molti anni, anche se l'autrice non ha mai smesso di scrivere in segreto, fino alla pubblicazione, nel 1992, de L 'amore molesto, che la impose con grande successo di pubblico e critica, e da cui Mario Martone trasse l'omonimo film che partecipò al48' Festival di Cannes. «Oggi, la scrittura, per me, è soprattutto una battaglia per evitare di mentire - ha detto ancora nell'intervista - Se mi sembra, non dico di aver vinto, ma di aver combattuto con tutte le mie forze, solo allom. mi decido a pubblicare». Una lezione (etica) di ecologia letteraria, si potrebbe dire, assai rara in tempi in cui la corsa alla pubblicazione contagia tutti, aspiranti esordienti e autori affermati. «ll più difficile risultato è la capacità di vedere se stessi, di nominare se stessi, di immaginare se stessi - dice Ferrante - Se nella vita quotidiana usiamo le ideologie, il buon senso, la religione, anche la stessa letteratura per mascherare le nostre esperienze e renderle presentabili, nella fiction è possibile spazzare via tutti i veli, anzi, forse è un dovere». Chiunque sia Elena Ferrante, ora anche in America stanno scoprendo che la sua voce -che sia di uomo o di donna- come i suoi romanzi «ferocemente candidi», sono semplicemente necessari.