Dislocamenti interiori e geografici al centro dei libri di tre autrici. Italiane di nome, ma cosmopolite per vocazione
«Viaggiare è uscire propria comfort zone e sentirsi di nuovo vulnerabili e avventurosi». Parola di Francesca Marciano, scritrice e sceneggiatrice romana che, rientrata dall'India qualche mese fa, è subito volata a New York per il lancio del suo quarto libro, "The other language" (Pantheon Books), una raccolta di racconti ambientati ognuno in un posto diverso del mondo. Più volte uscita dalla sua "zona di benessere", Francesca a vent'anni ha vissuto per un decennio in Usa e per un periodo altrettanto lungo in Kenya. Nel subcontinente indiano trascorre ogni anno un periodo tra il Kerala e una residenza per scrittori in Bangalore («In India c'è sempre qualcosa da imparare», spiega). Ma è l'Africa, quella del suo fortunatissimo esordio "Rules of the wild", il luogo che le lascia il vuoto più grande. «Dell'Africa mi manca tutto, gli spazi, i colori, la sensazione di essere un puntino insignificante, l'essere così esposti alla natura». Tuttavia, i personaggi di "The other language composto in inglese come tutti i suoi romanzi, non sono semplici viaggiatrici o turiste, sono donne che compiono spostamenti interiori profondi, viaggi dell'anima, modi di reinventarsi. Sono "sfide allo spaesamento", scrive Michiko Kakutani sul "The New York Times" a proposito di questo libro incantevole che presto leggeremo anche in italiano. Esperta di dislocamenti sia interiori che geografici è Lara Santoro, nata in Italia subilia, globetrotter, oggi di stanza a Taos, ma per otto anni corrispondente di guerra in Africa per varie testate americane. Nel suo ultimo romanzo "Fine estate" (e/o), Anna, protagonista e alter ego dell'autrice, è una mamma single che sceglie quasi per caso di trasferirsi in una cittadina del Nuovo Messico, un posto «dove senti sulla lingua l'aggregato minerale del puro deserto». Dopo il "grande trasloco", sotto il "cielo incontenibile" dell'America, Anna sembra trovare requie, ma basta un incontro con un ragazzo ventenne, e lei ricade in un vortice ossessivo e senza scampo. «La terapia geografica», dice Lara Santoro, «non cura mai niente, i problemi sono interni e vanno risolti dentro di noi. Però spesso si ha bisogno di luoghi semiselvaggi, dove domina la natura, non l'uomo, e dove è facile perdersi». «Lo spostamento interiore c'è sempre, anche nei miei viaggi quotidiani per le vie della città», racconta Cristina Gabetti, nata a New York e cresciuta tra l'Italia e l'America. «Anche se io mi sento a casa ovunque». Nel suo nuovo libro "A passo leggero" (Bompiani, illustrazioni di Ramuntcho Matta), si muove dalla West Coast americana al Marocco, rispettando la natura e insegnando ai lettori come farlo con piccole storie delicate e piene di stupore. «I nostri pensieri ci distraggono da quello che potremmo vedere. Bisogna lasciare che la realtà sveli la sua bellezza. Così da un viaggio porto a casa il ricordo dei profumi, di un canto, uno sguardo, un accostamento di colori, il portamento di una madre con il proprio bambino, il modo di dare il braccio a un anziano».