Cagliaritano classe 1982, Piergiorgio Pulixi vive a Padova ed è una giovane promessa (ampiamente mantenuta) del noir italiano. Ha pubblicato Perdas de Fogu, (edizioni E/O 2008) assieme al collettivo Sabot, di cui è membro, e singolarmente il romanzo sulla schiavitù sessuale Un amore sporco inserito nel trittico noir Donne a Perdere (edizioni E/O 2010). Nel 2012 ha dato alle stampe Una brutta storia. In occasione dell'uscita del suo nuovo romanzo La Notte delle Pantere lo abbiamo incontrato:
• Ciao caro Piergiorgio, hai dato alle stampe da poco La Notte delle Pantere, seguito del tuo precedente Una brutta Storia, incentrato sull'ispettore Biagio Mazzeo. Raccontaci qualcosa di più di questo libro e sulla genesi di un personaggio, quello del poliziotto corrotto che opera in una Sezione a dir poco problematica, che è un archetipo del noir ma che il nostro panorama letterario ha in fondo avuto pochissime occasioni di frequentare.
Biagio Mazzeo è un personaggio granitico all’apparenza, ma molto complesso interiormente. È un uomo scisso tra il desiderio di essere un amico, un fratello, e una sorta di figura paterna per i suoi uomini, ma al tempo stesso la realtà lo spinge a comportarsi come un capo, con tutta la solitudine e le dure decisioni che ne conseguono. È un uomo abituato a sbranare la vita, a non accontentarsi. Vuole tutto, e se lo prende. Ama e odia in una maniera smisurata e disperata. Ha in sé tanti elementi contraddittori: è violento ma allo stesso tempo generoso e affettuoso con i suoi ragazzi, è vendicativo ma non riesce a vedere il male nelle persone che ama. È passionale e fedifrago, ma vorrebbe essere fedele. Non so dirti nemmeno io bene chi sia perché ne sto seguendo l’evoluzione nel corso della serie. Ora che sono nella fase finale della scrittura del terzo romanzo, ti posso dire che Biagio è sicuramente diverso dal Mazzeo del primo libro e anche da quello del secondo. La storia, gli eventi, lo cambiano, provano il suo carattere, e questo causa la sua evoluzione. In particolare ne La Notte delle Pantere subirà l’influsso e le conseguenze dell’incontro avuto col mafioso ceceno Sergej Ivankov che in qualche modo gli ha cambiato la visione del mondo sull’amore, sulla legge, e sul crimine. Mazzeo è assolutamente ossessionato da Ivankov, ma non voglio svelare troppo.
• Fai parte del collettivo Sabot, un'invenzione del decano del noir Massimo Carlotto, con il quale hai pubblicato Perdas de Fogu. Hai voglia di raccontarci come sei entrato in questo progetto?
Certo. Insieme a un gruppo di giovani appassionati di noir e polizieschi abbiamo iniziato a seguire con particolare interesse il lavoro di Massimo Carlotto. Tutti coltivavamo il desiderio di scrivere, ma soprattutto di imparare questo mestiere, ognuno affinando le proprie peculiarità e lavorando sui punti deboli. Massimo in qualche modo si è fatto carico della nostra formazione, che tutt’ora prosegue. Creare il Collettivo Sabot è stato il passo successivo. Come posso dirti, è come se ci avesse mostrato i suoi strumenti di lavoro, insegnandoci a usarli. Perdas de Fogu è stato come uno stage di lavoro in loco: un’esperienza formativa senza pari. Successivamente alcuni di noi sono entrati nel progetto Donne a perdere seguito da Massimo e da Colomba Rossi, che in seguito è diventata la direttrice della collana Sabot-Age che Massimo cura. C’è una sorta di continuità in questi progetti, ma sicuramente il denominatore comune è un’attenzione particolare per la qualità delle storie, la loro tenuta narrativa, e una sorta di legame con la realtà, di denuncia verso alcune zone scure della nostra società, proprio nello stile del noir mediterraneo con cui Carlotto ha fatto scuola.
• Quali sono le difficoltà della scrittura a più mani e quanto una simile esperienza può essere formativa per un autore?
Se si ha un atteggiamento professionale, quasi nessuna. Se l’obiettivo comune è la qualità della storia, si fa qualsiasi sacrificio pur di ottenerlo: si mette da parte il proprio ego, e ci si mette completamente a disposizione del progetto, modellando la propria scrittura, e cercando di apportare nella storia solo il meglio di se stessi. L’elemento formativo è quello della condivisione delle esperienze, dello scambio di tecniche narrative, e della contaminazione del proprio stile. Personalmente, è sempre stata un’esperienza sicuramente faticosa, ma sempre arricchente. Incrociare sensibilità diverse porta sempre a risultati interessanti.
• Come ti sembra l'odierno panorama narrativo nostrano? Trovi che il mercato abbia raggiunto la misura colma per il noir (e tutti i filoni confratelli) o c'è ancora spazio per un buon prodotto di genere?
Io penso che un buon libro trovi sempre in qualche modo la sua strada e il suo posto, a prescindere dal genere. A volte ci vuole parecchio tempo, e a volte circostanze avverse lo impediscono. Però basta anche solo un libraio o un lettore per cambiare il destino di un romanzo. Basta che un solo lettore/libraio si innamori di quel libro, e se è vero amore lo diffonderà nel suo piccolo. Se il libro è davvero valevole, i suoi amici, clienti o la sua rete di amici faranno lo stesso, e così via, ottenendo sicuramente attenzione e facendo parlare di sé. In questo il web, i gruppi di lettura, i social network, ma soprattutto i librai di razza aiutano. La conditio sine qua non è che il libro sia davvero bello: ben costruito, personaggi indimenticabili, e una storia che ti lascia qualcosa dentro. Il punto è che i libri così sono davvero rari. Però, a maggior ragione, se un lettore si imbatte in uno di questi libri, può davvero cambiare le carte in tavola. Noi come esseri umani subiamo il fascino delle cose belle e tendiamo a condividerle per parlarne e per capire attraverso lo scambio con gli altri qualcosa di più su noi stessi. Per riassumere, voglio credere che ci sia ancora spazio per i bei libri.
• Con un libro appena pubblicato immagino sarai in piena promozione. Sei un autore legato ai tour di presentazione o fai parte di quella scuola di scrittori che preferirebbe demandare tutto agli uffici stampa e ai loro comunicati? (personalmente farei volentieri parte dei secondi, però ammetto che, seppur muovendomi a fatica all'inizio, alla fine sono sempre felice di portare i miei libri tra la gente!)
Siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Come direbbe Mazzeo, «se sei uno scrittore scrivi, non andare in giro a fare lo scemo». Diciamo che è così che mi sento quando sono in promozione, un po’ inadeguato e come di troppo. Ho troppo rispetto per le storie e i personaggi per mettermi davanti a loro, però devo anche dire che quando incontro i lettori quel senso di inadeguatezza crolla, soppiantato proprio dall’amore che entrambi abbiamo per quei personaggi che ci lega in un modo magico che non ti saprei spiegare. Quindi i tour promozionali - perlomeno per me - fanno parte del processo creativo perché ti caricano di quell’energia, quelle aspettative e quell’ “amore”, indispensabile poi per affrontare la pagina bianca.
• Consigliaci un paio di buoni libri da non lasciarsi sfuggire.
Wow… solo un paio? Uhm… Uomini e topi di Steinbeck. Shella, di Andrew Vachss. Galveston, di Nick Pizzolato. E per lettori che non hanno paura di noir puri: L’oscura immensità della morte di Massimo Carlotto, La strada della violenza di Mauro Marcialis, e Rosso italiano di Massimo Rainer… Scusa, ho esagerato. Deformazione professionale da ex libraio.
• Niente, va benissimo così ;-) Adesso a cosa stai lavorando?
Al momento sono in fase di stesura finale del terzo romanzo della saga delle Pantere, e di un romanzo thriller extraserie. Cerco sempre di lavorare almeno su due progetti diversi… Poi sto preparando il tour e la promozione per un romanzo che uscirà fine Maggio per Rizzoli, scritto insieme a Ciro Auriemma e Stefano Cosmo del Collettivo Sabot. È un romanzo noir ambientato in Spagna a cui tengo molto con un personaggio di cui sono perdutamente innamorato. C’è anche un altro libro in uscita a Novembre, ma ora è prematuro parlarne.