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Il bambino che parlava la lingua dei cani

Autore: Danielle Laurin (Le Devoir)
Testata: Internazionale
Data: 24 marzo 2014

Un ragazzino racconta con disinvoltura, al tempo presente, la sua vita movimentata, incredibilmente rocambolesca, all'epoca della seconda guerra mondiale. Ma Il bambino che parlava la lingua dei cani non è propriamente parlando un'autobiografia. Si tratta piuttosto di un romanzo, ispirato all'infanzia di questo ragazzino, Julian Gruda, che ha ormai superato gli ottant'anni. Nato a Mosca da genitori polacchi implicati fino al collo nel partito comunista, ha passato la sua prima infanzia in Polonia, per poi fuggire in Francia all'età di sei anni con la madre, mentre il padre veniva spedito in Siberia. Sognava di diventare scrittore o giornalista, ma ha fatto carriera come professore di biochimica, in gran parte in Québec. È sua figlia, Joanna Gruda, traduttrice, a firmare Il bambino che parlava la lingua dei cani. Joanna s'immerge perfettamente nella testa e nel corpo del suo piccolo eroe. Scompare totalmente dietro di lui, diventa tutt'uno con i suoi occhi, se ne fa portavoce. Aderisce alle sue paure, alle sue angosce, alle sue scoperte, alle sue affabulazioni, ai suoi giochi, alle sue antipatie, alle sue esplosioni di gioia. Necessariamente, siamo portati a gettare uno sguardo diverso su cose che ci sono state raccontate mille volte: il nazismo, la resistenza, i bombardamenti, la caccia agli ebrei e ai comunisti, i campi, la liberazione... Ma la cosa che impressiona di più è la sua incredibile capacità di adattamento, è la straordinaria forza di sopravvivenza di questo piccolo ebreo polacco. Una lezione di vita e di sopravvivenza in mezzo al caos, ad altezza di bambino, piena di delicatezza condita di umorismo.