2014Il volume "Sogni di Marzapane": un inno alla vita
Autore: Giuliano Belloni
Testata: Informacibo
Data: 6 marzo 2014
Roma marzo 2014. L’appuntamento è per le quindici e trenta di mercoledì, all’ Auditorium di Roma. Fino a pochi minuti prima, il piazzale brulicava di un andirivieni di scolaresche vocianti. Le loro urla, parevano volessero esorcizzare il timido sole, di questo strano inverno piovoso.
L' incontro è con Danila Bonito: uno dei volti più noti e simpatici della RAI. Giornalista brillante e conduttrice di telegiornali, inviata speciale e conduttrice di rubriche famose.
Il motivo dell’incontro è la pubblicazione del suo ultimo libro: “ Sogni di marzapane”.
Dopo un caffè, iniziamo a parlare.
-Nel libro a volte all’inizio o a chiusura del capitolo, ci sono delle poesie
Scrivo poesie dall’età di dieci anni. E quelle sono poesie scritte dal 1970 al 1992. Sono frammenti che riguardano l’adolescenza.
La scrittura è stata sempre il mio mondo. Per comunicare sensazioni e le emozioni. Poesie molto private. Ciclicamente poi buttate e riiniziate da capo.
-Possiamo definirlo libro-confessione
E’ la biografia della mia vita. Confrontandomi con la verità. Dovere morale di un giornalista è raccontare il più possibile la verità. Sappiamo quanti concetti di verità ci sono, però ho voluto raccontare la mia verità. Raccontare il mio mondo e il mondo degli altri.
-“Sogni di Marzapane”, perché?
Il marzapane mi piace, non solo sotto la forma estetica. Mette allegria con i suoi colori e lascia sempre un senso di abbondanza. Dolcissimo, è uno dei dolci che piaceva di più a mia madre e quindi è gravato anche di una memoria. E’ il frutto che mi riporta alle mie radici. E’ il sogno di Hansel e Gretel, della casetta di marzapane nel cui interno però c’è la strega. Per me il marzapane è come la strega.
-La vita stessa è contraddizione. Ma nelle sue pagine anche nei momenti di forte contraddizione c’è una nostalgia di tranquillità e un desiderio di luce. Specialmente quando parla di New York, dove ha vissuto come inviata RAI
New York è la città delle contraddizioni. Come l’uomo. Dentro la città sei una monade: ti muovi liberamente. New York è la città degli stimoli, delle opportunità, dell’energia e della voglia di conoscere. E’ la città del confronto, del parco e del grattacielo, del ricco e del povero, del grasso e del magro. Ma nello stesso tempo ti dà l’ occasione e la possibilità di esprimerti e realizzarti.
-Quale è il tuo rapporto con i sogni?
Sogno ad occhi aperti. Perché quelli della notte non li ricordo. Penso che il sogno sia legato al desiderio. E quando non si desidera si ha una vita piatta e senza sogni.
-Non ti sei fatta sopraffare dalla malattia, dal diabete. Né tantomeno dalla vita
Ho avuto subito da adolescente, la percezione di essere ad un bivio e che la mia vita stesse cambiando. E quindi di conseguenza anche il rapporto con i miei genitori, stava cambiando. Dalla malattia volevo proteggere anche loro. Oggi guardando indietro posso dire di avere avuto due strade. Chiudermi in me stessa, per affrontare il problema o aprirmi al mondo e occuparmi degli altri. Ho preferito il secondo percorso.
-E l’infanzia? Tu dici che la realtà è fatta di dettagli
I medici mi avevano dato a quel tempo, certezze abbastanza ambigue. Quando sei sulla precarietà della vita, impari a vivere intensamente i suoi momenti. Non mi importava sapere cosa avessi fatto un anno o due anni dopo. Mi godevo il presente.
-Il rapporto con il cibo, come è stato? Conflittuale?
Mai un rapporto libero. Sapevo cosa mi facesse male o bene. E quindi ho cercato al di là dei miei gusti conoscere i miei limiti. Oggi posso dire, che non ne ho più. Per arrivare a questo ho impiegato un po’ di tempo. A me piace gustare, per cui il cibo lo vedo sotto il profilo della qualità e non di quantità.
Mi piace l’olio, gli ingredienti semplici, la pasta, il pane, la verdura, il formaggio. Seguo sempre le limitazioni nell’assunzione dei carboidrati ma ogni volta non è mai un condizionamento.
-Ad un certo punto, parli di una violenza subita. Ma ne parli in modo sereno e timido
Perché non so se sia stata causa o una concausa del mio disequilibrio, del mio diabete. Ma ormai l’ho rimossa e ne ho solo un ricordo. Però questo fatto mi ha aiutato ad occuparmi di donne, vittime di violenza. Di ogni tipo.
Alla fine del libro, parli di Sve: un’amica. Siamo nella settimana della festa della donna. Ne parli con tenerezza e candore. Utilizzo le tue parole.. due storie diverse che si aggrappano l’una all’altra come pagine di un libro mai scritto… Permettimi di interpretare. Intravedo in Sve, una sorta di riscatto e di una nuova consegna. Sve è la vita. E ognuno di noi può vederci la propria vita.
Cito di nuovo le tue parole.. abbandoniamo il senso quotidiano delle cose per cercarvi altre parole e raccontarci dentro..
Il grande merito di questo libro è di averci dato un nuovo entusiasmo e una nuova consapevolezza. E questa nuova nascita, consegna vita, tempo, nuova espressione e un linguaggio più umano.
E’ come se ci avessi consegnato nella tua maturità, la tua vita ancora più soleggiata. Dando la possibilità a chi ne volesse, di confrontarsi nelle emozioni, nei sentimenti e nelle paure. Per rubarne alla fine però, uno spicchio di luce. Grazie