Elisabetta Bucciarelli, tocco rosa noir
Autore: Alma Daddario
Testata: Minerva
Data: 8 gennaio 2014
È restrittivo considerare Elisabetta Bucciarelli una scrittrice di noir, anche se le è stato assegnato il Premio Scerbanenco nel 2011 per il miglior romanzo noir italiano: "Ti voglio credere". Il suo ultimo romanzo edito dalla E/O è pure un noir: "Dritto al cuore", protagoniste tre donne molto diverse tra loro, una vecchia, una giovane, un'ispettrice di polizia. Ma Elisabetta Bucciarelli nasce come autrice teatrale: ha studiato drammaturgia al Piccolo Teatro di Milano e a vent'anni ha esordito con il testo: "Forte come un toro". Ha proseguito su questa strada con spettacoli di forte impegno sociale come: Tempo da buttare" sugli emarginati a Milano, e "Amati matti", un docufilm sul disagio mentale. Tra i suoi romanzi più noti: "Happy Hour", dove inaugura una serie che vedrà protagonista l'ispettrice Maria Dolores Vergani, presente anche nel suo ultimo romanzo. Vive e lavora a Milano, dove collabora con varie testate giornalistiche.
Quando ha capito che voleva fare la scrittrice?
"Ho deciso di vivere di parole a vent'anni, dopo l'esperienza alla scuola di drammaturgia del Piccolo Teatro di Milano".
Ha avuto miti di riferimento?
"Tanti innamoramenti letterari: Simone de Beauvoir, Beckett, Pinter, Coetzee, Dante, Omero, Shakespeare. M'innamoro spesso e mi separo con la stessa facilità dagli oggetti amati, ma gli abbracci letterari restano e lasciano un segno per sempre".
Pensa che siano utili i corsi di scrittura creativa?
"Per me è stato fondamentale frequentare il laboratorio di drammaturgia teatrale Nessuno mi ha venduto sogni, o creato illusioni. Le scuole di scrittura professionali hanno un senso solo se non mentono e se sono condotte da gente che è inserita davvero nella realtà editoriale. Inoltre scrivere per stare bene e imparare ad ascoltare le scritture degli altri, oltre alla propria, è un esercizio esistenziale importante e sempre più necessario".
Tra i vari generi letterari, ce n'è uno che preferisce?
"Leggo libri molto differenti tra loro, ho delle passioni, ma più per i temi trattati che per la struttura delle storie e i generi".
È d'accordo con alcuni critici letterari che affermano che il "noir" non è un genere che si addice agli scrittori "mediterranei", rispetto a quelli dell'area nord europea?
"Se con noir intendiamo un modo di raccontare capace di privilegiare il punto di vista delle vittime, la ricerca di una verità che spesso non coincide con quella stabilita dalle legge, la volontà di indagare sui fatti di crimine cercando di narrarli con competenza nella materia, cre- do non esistano differenze geografiche. Si pensi poi a Jean Claude Izzo, a Fred Vargas, a Massimo Carlotto... non sono propriamente nordici".
Secondo lei il clima, come anche una certa urbanistica, influenzano la scrittura?
"Credo di sì. I luoghi dove le vicende sono ambientate, reali o immaginari, condizionano fortemente la scrittura. Per esempio "Corpi di scarto", il mio romanzo uscito per la collana Verdenero, si svolge all'interno di una discarica metropolitana, tra putridume, scarti e resti di oggetti. Per scriverlo ho cercato un lessico adeguato, colori adatti, ritmi veloci. "Dritto al cuore" è invece ambientato in alta montagna, tra boschi e ruscelli di acque limpide: quindi azzurri di ogni gradazione e parole piene di ossigeno. Izzo scrive come scrive perché vive a Marsiglia, quei colori e quegli odori ci sono solo là.
Come le è venuta l'idea della storia di "Dritto al cuore"?
"Volevo scrivere un libro sul desiderio e sulla memoria, con una forte metafora che sostenesse la storia: la montagna è fatica, gli orizzonti sono verticali, difficili da conquistare. Tuttavia, ciascuno, con il suo passo, senza gareggiare se non con se stesso, può raggiungere la vetta. Ci vuole pazienza e allenamento. Ma la cosa più importante è avere chiaro l'obiettivo, la meta".
Quanto tempo ha impiegato a scrivere il romanzo?
"A scriverlo, tre mesi. Ma prima l'ho tenuto con me, cullandolo nella mente e alimentandolo di studio, fotografie, ascolto e appunti, per due anni. Nel frattempo scrivevo altro".
A quale dei personaggi della storia assomiglia di più?
"Mi sento affine ad Ariel, la ragazzina di montagna che vive di cose semplici e possiede un modo di guardare il mondo non sempre compreso dagli altri. Assomiglio a lei come struttura di essere umano, purtroppo però non ho la sua capacità di "vedere". Ho anche dei tratti comuni con la mia ispettrice Maria Dolores Vergani: possediamo una buona determinazione nel raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo. Siamo più interessate alla verità che alla giustizia, più ai motivi del delinquere che alle modalità dell'atto delittuoso, ma lei è migliore di me: più risolta, io non lo sono affatto".
Perché l'Italia scarseggia di gialliste o scrittrici noir, rispetto al resto d'Europa?
"Potrebbe essere semplicemente una questione di scelte, visto che le scrittrici non mancano da noi. Poi penso alla Francia e mi vengono in mente solo due nomi: Fred Vargas e Dominique Manotti, autrici che scrivono noir e giallo ad alto livello, e penso che forse è meglio avere poche scrittrici, ma molto brave".
Secondo lei un autore deve essere necessariamente impegnato socialmente?
"Ho delle affinità elettive con alcuni autori contemporanei che scrivono sia per intrattenere, sia per approfondire oltre il banale e lo scontato delle apparenze: sono quelli che preferisco".
Ci sono affinità tra la scrittura narrativa e quella teatrale?
"Il teatro è una palestra importante per chi voglia scrivere narrativa. La mia scrittura si è formata sui testi teatrali. Il teatro ti insegna a osservare e ascoltare, e come si costruiscono dialoghi e monologhi. Tutto questo è utilissimo quando si scrivono romanzi. Però sono due mondi molto diversi, tecnicamente e emotivamente: uno vive di solitudini, l'altro ha bisogno fisico di pubblico, di reazioni immediate. Le emozioni più forti le ho avute con i testi drammaturgici".
Un libro o un autore che le ha cambiato la vita?
"Shakespeare mi ha fatto capire che nella vita avrei accumulato parole, sempre nuove, le migliori per raccontare. Simone de Beauvoir ha messo in moto un processo di inevitabile presa di coscienza di quanto una donna che scrive debba impegnarsi per essere libera. Friedrich Durrenmatt ha scardinato la mia idea di genere come sottoprodotto letterario, il suo testo:" La promessa " mi ha fatto decidere di scrivere il primo noir. La lista è lunga".
Cosa ama fare nel tempo libero?
"Il tempo libero lo passo a pensare le storie, a documentarmi, a leggere, a guardare film, vado a teatro e ascolto musica. Non stacco mai: è difficile da spiegare ma non esiste un tempo libero dalla scrittura".