Abram Kadabram sintitola lultimo libro pubblicato in italiano dallisraeliano quarantenne Etgar Keret, scrittore e cineasta di successo internazionale. E, crederci o no, vuol dire proprio abracadabra. O meglio: il protagonista, un prestigiatore si chiama Abram Kadabram. Si è dichiarato garante per un amico pieno di debiti fino al collo, e ora, con aria dimessa e rassegnata, aspetta che i facchini dei creditori vengano a svuotarne la casa. Di questi ultimi, uno è insopportabile, laltro è dotato di sentimenti. La sua simpatia e partecipazione incoraggiano Abram Kadabram, in apparenza apatico e vinto, a usare formule misteriose (una delle quali è abracadabra) per fare sparire non solo i mobili da portare via ma anche il diabolico e decisivo blocchetto di moduli che un qualche zelante burocrate aveva affidato al facchino implacabile. Si ride e la bontà di cuore trionfa.
Quasi tutte le brevi e sapide storie di Abram Kadabram sono così. Spesso i buoni sentimenti trionfano a scapito dei cattivi, e si ride. (Non proprio sempre. Per esempio non in Lingua straniera, in cui il padre, il giorno del suo compleanno, si uccide in bagno mentre i due figli litigano chiedendosi se il libro gli sia piaciuto o no). Si ride amaro, però come sempre negli scrittori divertenti della letteratura ebraica. I missili Kassam o kamikaze che si fanno esplodere su autobus affollati o nei cortili vocianti delle scuole non sono mai nominati. E tuttavia sono lì, presenti e palpabili dietro le quinte di questo libro fintamente normale, i cui personaggi sembrano gente tranquilla, piccoli borghesi dai valori simili a quelli della middle class americana che si diverte alle vignette del Saturday Evening Post e si riconosce negli Antenati di Hanna e Barbera. Di prezioso, dietro questo cupio dissolvi fatto di risate amare, cè unautentica nostalgia di cuori gentili e semplici, che da qualche parte al mondo, dovranno pur esserci.