Se la politica ignora le periferie, le vite a perdere e le speranze tradite, i libri le raccontano sempre più spesso. Con rabbia e disincanto, ma anche con una buona dose dironia. Nan Aurouseau, 57 anni, francese, ha iniziato a scrivere dopo sette anni di carcere dove era finito per rapina. Dietro alle sbarre è diventato idraulico, ha letto centinaia di libri e ha imparato a scrivere. E così lui, madre lavandaia e padre meccanico, cinque fratelli e una gioventù bruciata alle spalle, è ormai un autore affermato.
Gli somigliava il pignolo e disilluso protagonista del suo primo romanzo Blues di Banlieue (in Italia da e/o) che lo promosse talento letterario. E il suo secondo romanzo, Dello stesso autore, ne conferma la qualità. Il racconto è surreale e la vena autobiografica si sperde nellinvenzione con un incipit pulp e catturante che bene introduce una intricata storia di vendetta e di riscatto mancato. «A quanto pare si aspettano da me un secondo libro. Beh, aspetteranno un bel po perché non ho intenzione di farlo» esordisce. Ed ecco che gli suonano alla porta ed è la sua vicina di casa, una bionda naturale nuda e con in mano una Colt 45, che gli spara e lo ferisce a una gamba. Il fatto è che un vincente, se a un passato da galeotto, non vince mai davvero. E dunque tra vittime designate ci si intende sempre, tanto che nasce un legame speciale tra Joss e Morgane, la coinquilina che lha messo nei guai mentre era drogata e senza la memoria. Finale a sorpresa al sapore di trasgressione.
Nan Aurousseau, cresciuto nella periferia est di Parigi, è sceneggiatore, ma non ha abbandonato il lavoro da idraulico part time. Forse per questo i suoi noir risultano tanto efficaci. Sono vissuti, lirici, arrabbiati, e costruiti con un linguaggio ruvido e aspro. Da leggere.