"L'amica geniale", Elena Ferrante
Testata: Letture Precarie
Data: 6 dicembre 2013
In un rione povero alla periferia della Napoli anni Cinquanta, nasce l’amicizia tra due bambine, Elena Greco, detta Lenù, e Raffaella Cerrullo, detta Lila. Le due vivono nello stesso cortile e frequentano la stessa classe delle scuole elementari, ma a causa del carattere scorbutico di Lila e dei suoi atteggiamenti violenti, Elena, seppur affascinata, la teme e le sta a distanza. Le due cominciano a sfidarsi silenziosamente con una serie di prove di coraggio. Prima Lila, spavalda, entra in uno scantinato buio, si punge con una spilla arrugginita, si aggrappa e poi si lancia dalle inferriate del palazzo, e subito dietro Elena, per dimostrare lo stesso coraggio e determinazione della sua coetanea. Un giorno Lila comincia a salire le scale dell’appartamento di Don Achille, ricco salumiere che tutti nel rione temono ed evitano. Per le scale per la prima volta Lila sembra perdere coraggio e prende per mano Elena. Da allora le due diventano inseparabili. Il loro controverso rapporto (fatto di amore incondizionato ma anche di tanta gelosia e competitività) le accompagna dall’infanzia all’adolescenza, proteggendole dalla violenza e dal degrado del rione. Ciò che unisce le due, oltre all’amore per i libri, è la volontà di emanciparsi dal quartiere dove sono nate. Elena persegue questo proposito attraverso lo studio, frequentando con grande successo il liceo classico, Lila invece, che ha smesso di studiare dopo la licenza elementare per via del rifiuto dei suoi genitori, continua a lottare per “uscire” dal rione prima attraverso i libri della biblioteca, poi focalizzando i propri obiettivi sulla ricchezza. Le persone ricche, infatti, possono governare l’intero quartiere, possono dettare legge, spesso con violenza e brutalità. Lila ed Elena sembrano aver imboccato strade del tutto diverse e inconciliabili, eppure la loro amicizia ritorna, nei momenti di maggior bisogno, per diventare sostegno e ragion d’essere.
Non ho una grande passione per la letteratura italiana contemporanea, specialmente i romanzi scritti da donne mi lasciano sempre un po’ interdetta. La sensazione che mi rimane addosso è quella di leggere la versione cartacea di un film di Gabriele Muccino: un’accozzaglia di gente disperata e isterica, che urla e strilla senza apparente motivo e che non riesce ad avere un rapporto sano con nessun altro essere umano. Mi danno l’impressione di essere drammoni tragici per puro amore della tragedia, pesanti fino a sembrare a volte poco verosimili. Ho letto su un sito di cui mi fido parecchio (Finzioni, per chi non lo conoscesse), che l’ultimo libro di Elena Ferrante “Storia di chi fugge e di chi resta” era caldamente consigliato e, seppur sia parte della trilogia de “L’amica geniale”, lo si poteva leggere tranquillamente a parte, come romanzo a sé. Sapere di un libro che conclude una trilogia e non partire dal primo volume mi sembrava un assurdo, e così mi sono decisa ad acquistare, con curiosità, “L’amica geniale”. Innanzitutto, e questo mi ha incuriosita ulteriormente, ho scoperto che si tratta di una scrittrice piuttosto misteriosa: nessuno conosce nulla di lei, potrebbe essere lo pseudonimo addirittura di uno scrittore uomo, e le poche congetture che si sono fatte sulla sua vita, sono ispirate dai suoi romanzi, supponendo che partano da una ispirazione autobiografica.
Partiamo subito col dire che sono rimasta piacevolmente colpita perché di “mucciniano” c’è ben poco. Il suo stile semplice e scarno, la storia che trasuda verità, l’attenzione per i poveri e i disadattati, la descrizione della vita di quartieri che diventano piccole comunità autonome e tristemente isolate, mi hanno ricordato (forse anche per l’ambientazione post-bellica) in qualche modo Vasco Pratolini (opinione personale del tutto contestabile, ma tant’è). Si tratta di un romanzo ben architettato e ben scritto che racchiude una complessità di personaggi (Lila in particolare è una ragazza assolutamente unica e a tratti inquietante a causa della sua intelligenza straordinaria e della sua mancanza di scrupoli) ben mescolata con la generale semplicità dello stile e dell’ambiente in cui la storia si svolge. Questo aiuta il lettore a entrare davvero nel rione e a mescolarsi con la sua gente, con quella che Elena stessa definirà la “plebe” di Napoli.
Un romanzo di formazione bello e coinvolgente che spinge il lettore a procurarsi gli altri libri della serie (oltre a “Storia di chi fugge e di chi resta”, “Storia del nuovo cognome”). Una bella scoperta di fine anno.