Verità
Testata: Un cucinino socioletterario
Data: 2 dicembre 2013
Diciamo subito che la (per ora) trilogia dell’Amica Geniale di Elena Ferrante è la cosa migliore che ho letto nell’ultimo anno – e sicuramente le mille pagine più belle scritte in italiano da un autore (un’autrice) contemporanea. Per questo ci ho messo tanto a farne una recensione: come riuscire a dire di un libro che lascia un’apertura su cosa siamo se riusciamo davvero a guardarci e che ha la consistenza di una ferita che non si rimargina? La fantasmatica e irraggiungibile autrice – un uomo che si nasconde dietro uno pseudonimo femminile, dicono. Ma per favore: è una donna, altroché: avete visto come descrive il sesso? – riesce a raccontare con un linguaggio semplice, diretto e insieme esaustivo la vita di due amiche sullo sfondo animato di un rione di Napoli. La generazione è quella che diventa adulta con le contestazioni degli anni ’70 e qui c’è da dire che Ferrante riesce dove molti altri, anche autori avvertiti, hanno fallito: evoca con precisione la storia recente del nostro paese senza soffocare la trama e rendere artificiosi i personaggi, che non sono al servizio del racconto-resoconto della cronaca sociale e politica ma, al contrario, la incarnano con la disinvoltura di chi non sa come andrà a finire e il distacco di chi ha comunque una vicenda privata, intima, che comunque prevale nell’immediato sulla Storia.
E dunque eccole, Lila e Lenù, simili e diversissime al contempo, caratteri resi spinosi dalla necessità, intelligenza acuta e desiderosa di emergere con lo studio, chimera concessa ad una e negata all’altra, che però ha la vitalità pensante che quando si vede la strada sbarrata cerca subito un’altra direzione per emergere, crescere e risplendere. Amicizia che è tutta un conflitto: inizia con Lila, bimba sfuggente e selvatica, che butta in un tombino la bambola di Lenù: l’altra, offesa, in lacrime ma affascinata dalla sfrontatezza, dal coraggio, che vince la sua paura per seguirla tra i vicoli, nelle case pericolose degli adulti, stretti in una vita di miseria e di violenza. L’amicizia raccontata nella sua non linearità, nella sua consistenza di amore e dunque intessuta di conflitti, ambivalenze, slanci di gioia e affetto, proiezioni, ambizioni simmetriche e contrapposte, dolore e parole non dette. E al contempo retta da una fedeltà che non cede, perché fondata sulla consapevolezza che soltanto l’altra “vale lo sforzo”: un legame che sta fra scelta e destino, forse salva la vita, certo la condiziona, la sprona ben oltre i limiti immaginati dagli altri, dalla famiglia, dalle convenienze.
Ferrante dice le cose come stanno sui sentimenti, senza orpelli inutili, senza addolcire e allo stesso tempo senza la voglia – il bisogno – di stupire o scandalizzare; soprattutto senza teorie. E la verità, per noi che leggiamo e ci riconosciamo, come sempre è liberante.