Storia di chi fugge e di chi resta
Testata: Stravagaria
Data: 25 novembre 2013
Con “Storia di chi fugge e di chi resta” approdiamo al terzo episodio di un racconto avvincente che ha preso l’avvio con “L’amica geniale” abbracciando le esistenze di due protagoniste legate da un’amicizia inossidabile e controversa.
Dagli anni del Dopoguerra nel rione malfamato della periferia napoletana in cui si consuma l’infanzia delle due bambine, siamo passati attraverso il boom economico, le speranze e i sogni della prima giovinezza, per incontrare -nel terzo capitolo di questa saga- il piombo degli anni Settanta, le lotte sindacali, il clima confuso ed ostile degli scontri armati nelle strade e nelle Università.
In questo scenario di violenza urbana, Lila e Lenuccia sperimentano le disillusioni della vita adulta, l’una che ancora respira l’aria soffocante del rione, l’altra che ne ha preso definitivamente le distanze.
Tra le due persiste un rapporto di rivalità e di affetti in cui si rincorrono sentimenti ambivalenti mantenendo in vita una consuetudine che si fa a tratti rarefatta e superficiale a causa delle maschere che ciascuna indossa nella lontananza.
Gli antagonismi di un’amicizia ventennale quasi simbiotica sfociano in contrasti che mettono dolorosamente a nudo l’incapacità di accettare che l’altra non sia sempre lo specchio in cui riconoscersi.
“Non un’idea, senza Lila. Non un pensiero di cui mi fidassi, senza il sostegno dei suoi pensieri. Non un’immagine. Dovevo accettarmi fuori di lei.”
Queste le parole di Elena eppure il senso di mediocritas è in agguato per entrambe e ciascuna vive l’altra come la propria potenzialità inespressa, come colei che potrebbe dare forma ai propri sogni. L’aspettativa le rende severe l’una con l’altra, la rivalità occhieggia dagli spiragli di un rapporto sfilacciato che conserva intatta la potenza emotiva dell’infanzia.
Colpisce la fluidità della struttura narrativa e la potenza di un racconto in cui l’evoluzione psicologica delle protagoniste si fonde con gli storici mutamenti cui assistono. Cambia il panorama politico e cambiano Lila ed Elena ma resta immutata la percezione di un ambiente ostile e violento in cui è necessario muoversi con coraggio e talvolta restare semplicemente immobili.
Il fascino maggiore lo esercita la qualità del rapporto tra le due giovani donne, legate pur nella distanza da una relazione contraddittoria in cui trovano egualmente spazio l’odio e l’amore. Il sostegno reciproco, il desiderio di emulazione si scontrano e si sporcano con parole e pensieri in cui si fa strada il sospetto e il fastidio, la volontà di ferire.
Lila, in questa fase del racconto, spadroneggia ed incombe soprattutto nell’immaginario di Elena che, in mancanza di dati reali, la racconta per supposizioni e le attribuisce pensieri e parole che attingono all’esperienza del passato.
Chi sono veramente Lila ed Elena?
Lila, forte e carismatica, emerge dal fallimento come l’araba fenice e arretra intimorita da tutto ciò che non stia rinchiuso entro gli stretti confini del rione.
Elena lotta con successo per si affrancarsi dalla povertà materiale e culturale e tuttavia sperimenta un’inadeguatezza costante nel percepirsi come una semplice gregaria.
I ruoli si fanno confusi e finiamo col chiederci quale delle due realmente sia in fuga, chi delle due l’amica geniale.
Il romanzo, come la vita, non offre risposte granitiche cui aggrapparsi e del resto la storia di Lila ed Elena non è ancora giunta al termine.
Per quanto all’inizio di ogni romanzo vi sia un indice con una breve descrizione dei personaggi è da intendersi come promemoria per chi abbia già letto i capitoli precedenti. I tre romanzi sinora pubblicati sono da considerarsi come un unicuum e non sarebbe possibile apprezzarli e comprenderli se non in ordine strettamente cronologico.