Come mettere in piazza l'amore
Autore: Franco Marcoaldi
Testata: D / La Repubblica
Data: 2 novembre 2013
Tutto accade in Place d'Arezzo, a Bruxelles: piazza singolare a partire dal nome, quello del benedettino Guido d'Arezzo, inventore intorno all'anno Mille del «sistema di notazione musicale che aveva messo fine alla confusione della trasmissione orale». Inutile ripetere la musica come un pappagallo, sosteneva il monaco: bisogna scriverla, analizzarla, capirla. E invece, guarda caso, proprio questa piazza del nord Europa, così brumosa grigia e fredda, è inspiegabilmente abitata da una ricca colonia di esotici e variopinti pappagalli. I quali, come noto, non solo parlano la lingua degli uccelli, ma imitano benissimo la babele linguistica dell'umanità. E l'umanità che abita questo luogo, varia per etnie, reddito, professioni, è accomunata da una sola ossessione: la spasmodica ricerca del piacere sessuale. O meglio, così se la immagina Eric- Emmanuel Schmitt, scrittore e drammaturgo francese che sul piacere ha già avuto modo di scrivere in molte occasioni ma mai in modo altrettanto sistematico, offrendo al lettore una esaustiva mappa di gusti e preferenze sessuali dei più diversi tipi umani. C'è il banchiere dalla doppia vita (marito irreprensibile e fugace marchettaro di ragazzi nerboruti), la coppia madrefiglia adolescente a parti rovesciate (figlia che fa da guida erotica alla madre), la giovane donna in carriera intrappolata da un amante troppo aitante e la signora aristocratica intrappolata dalla depressione. C'è il triangolo condiviso e felice (due donne e un uomo) a fronte di tante, infelicissime coppie etero e omosessuali. C'è l'attempato uomo di potere perennemente in fregola (una sorta di doppio di Strauss-Kahn) e il giovane asessuato, la cui palese carenza di libido lascia tutti quanti esterrefatti. Già, perché a Place d'Arezzo, pare che la gente non faccia altro che godersela. E Schmitt a sua volta se la gode nel mettere il lettore nella posizione del guardone, quasi fosse una cocorita che svolazza davanti alle finestre delle case lanciando dentro una rapida occhiata. E dentro accade davvero di tutto, come lo scrittore dimostra, esibendo una non comune maestria erotica e un'attenzione alla fisicità più spinta. Ma Schmitt sa altrettanto bene che l'eros per accendersi ha bisogno di fantasia. Perciò fa pervenire a ogni personaggio un enigmatico biglietto anonimo che recita: «Solo per dirti che ti amo. Firmato: tu sai chi». E quando il biglietto è arrivato a tutti o quasi, la sarabanda erotica può scatenarsi e può salire in cielo l'indecifrabile commento sonoro di are, pappagalli e cocorite, che spiano, ciarlano e schiamazzano nella loro e nella nostra lingua. Non sarà, sembra suggerire Schmitt, che questi «pettegoli da boulevard», malelingue pennute, ne sanno infinitamente più di noi, sulla nostra scriteriata giostra del piacere?