Riccardi, lo sbirro che conosce il mestiere. Anche quello di scrivere
Testata: Gianluca Ferraris
Data: 16 ottobre 2013
Che quelli sfornati da SabotAge, la collana noir della E/O diretta da Massimo Carlotto, siano titoli noir quasi sempre di livello eccelso è ormai banale ribadirlo: casa editrice e curatore non hanno certo bisogno di presentazioni. Vale la pena spendere qualche parola in più per Undercover di Roberto Riccardi (E/O, 16 euro), tra l’altro fresco vincitore del premio Azzeccagarbugli 2013.
La categoria degli scrittori ex sbirri o tuttora sbirri, come in questo caso (Riccardi è un colonnello dei Carbinieri) ci ha abituati, in tempi recenti, a qualche delusione letteraria di troppo. Non basta aver vissuto da dentro, anche se certamente aiuta nella costruzione narrativa, determinate situazioni: bisogna anche saperle raccontare, senza dare nulla per scontato e accompagnando il lettore passo dopo passo all’interno del mondo che si descrive. Sono questi dettagli, e non soltanto la trama, a fare la differenza, doprattutto in un noir. Questi dettagli però Riccardi mostra di conoscerli e di saperli anzi volgere a suo vantaggio, dando al libro uno stile e un ritmo molto interessanti. Del resto qui non si parla di un’operazione one shot o di un tentativo di lancio ma di un autore che, nonostante il suo lavoro quotidiano sia un altro, è ormai giunto alla quinta pubblicazione e ha precedenti che spaziano dal giornalismo tradizionale al romanzo storico. Insomma, intorno all’osso dell’abusata non fiction novel raccontata dai protagonisti c’è anche della ciccia. Molta e molto buona.
La trama, appunto, in breve e cercando di non svelare nulla o quasi. Rocco Liguori, il protagonista, è un carabiniere, che dopo aver lavorato come agente sotto copertura per l’antidroga torna alla normale carriera militare fatta di scartoffie, stazioni di provincia e operazioni di routine. Finchè una telefonata di Vera, la sua ex collega di corso che non ha mai dimenticato, lo riporta al centro dell’azione. Il Regista, genio dell’undercover e guida di Rocco negli anni dell’apprendistato, è scomparso mentre era impegnato in un’indagine internazionale sul narcotraffico che coinvolge i due cartelli più pericolosi del mondo: gli Zetas messicani e la ‘ndrangheta calabrese. Toccherà a Rocco e al resto della sua vecchia squadra cercare di risolvere la situazione. Inizia così una vicenda intricatissima, una sorta di caccia all’uomo tra Italia, Spagna e Sudamerica, dove l’autore riesce a ricostruire le dinamiche del mercato della droga e quelle delle indagini con tanta, tanta efficacia. La quantità di colpi di scena è inferiore solo al numero degli attori che si muovono sul proscenio: Riccardi, altra gran dote, riesce a caratterizzarli tutti senza tratti banali, senza mai (vabbè, oggi sono troppo buono: diciamo quasi mai) cadere nel didascalico o nel facile cliché del trafficante rozzo e crudele contro il poliziotto astuto. Riesce a metterci dentro un paio di scene di sesso quando non te le aspetteresti e anche quelle, che come è noto sono uno dei passaggi più odiati dai romanzieri, gli riescono incredibilmente bene. Il risultato, come recita il sottotitolo, è una galleria di situazioni dove niente è davvero come sembra. Per una volta un sottotitolo che non mente sui contenuti reali del volume, e anche questa non è cosa da poco.