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Non passare per il sangue Eduardo Savarese

Autore: Claudio Finelli
Testata: Le Monde Diplomatique
Data: 7 gennaio 2013

Con apprezzabile consapevolezza autoriale, Non passare per il sangue, romanzo d’esordio di Eduardo Savarese, sviluppandosi su diversi piani narrativi, sia temporali che argomentativi, conduce il lettore da una temperatura all’altra della storia, maturando un’inattesa convergenza tra memorie di guerra e questioni di genere. Infatti, da un lato c’è la storia d’amore di due militari gay in Afghanistan, Luca e Marcello, moderna coppia di fatto devastata dalla morte di uno dei due – Marcello – e dall’assenza di tutele giuridiche, dall’altro c’è la dura e densa storia sentimentale dell’anziana Agar, tenace nonna di Marcello che, dopo aver lottato una vita intera per emanciparsi dal ruolo che la società greca le avrebbe altrimenti riservato, non accetta l’omosessualità del nipote, tardivamente appresa dall’accorata testimonianza del compagno sopravvissuto. Un’insolita dialettica tra differenti espressioni di scardinamento del sistema che si ripete più volte all’interno del romanzo, per esempio nella rievocazione angosciata dei giorni della resistenza nell’isola di Creta e nell’amore «contronatura» tra il dottor Laridatsis e un giovane soldato dell’armata 133, catturato e torturato a morte dai nazisti. Al fondo di un’apparente incomunicabilità tra le diverse forme di pervicace antagonismo sociale, scopriamo esserci l’idea latente di un presunto senso dell’ordine e della norma che, invece di facilitare il nostro benessere, imbriglia le menti umane in convenzioni disastrose e in un malinteso e confuso senso dell’etica e della morale; d’altronde la stessa Agar, vittima del pregiudizio e della discriminazione, ha interiorizzato l’atroce fraintendimento secondo cui dovrebbe esistere un «giusto» ordine delle cose, un ordine per cui alcune relazioni sarebbero naturali ed altre no, alcune consacrate dal sangue ed altre maledette dalla solitudine. Ed è proprio la solitudine a fare da leva allo scioglimento del grumo di passioni e reticenze che ostruisce il virtuoso fluire della vita nelle vene della storia. Infatti, accarezzato dalla brezza profumata di un venticello che spazza il lungomare, Luca arriva a una conclusione vera e agghiacciante e capisce che oggi la testa è un hardware sovraccarico. Oggi la solitudine e il ricordo non sono neanche più una pratica da santo, semplicemente non sono contemplati. La solitudine, oggi, si annida nel ricordo che dobbiamo tacere, nell’infelicità che ci impongono di dissimulare e nel pianto che è necessario dominare, anche se si tratta del pianto più umano e fisiologico di tutti, quello della perdita, quello che si strozza in un urlo che riempirà tutti i nostri incubi, quello che anche Luca, in uniforme, pressato dai suoi superiori, rigidi nelle loro divise, è stato costretto a frenare davanti al corpo senza vita del suo giovane grande amore.