A "Trinacria Park" il 18° Premio Vittorini, Quattro chiacchiere con Massimo Maugeri
Autore: Rosalia Raineri
Testata: Giornale di Sicilia
Data: 15 luglio 2013
Siracusa - Massimo Maugeri, con “Trinacria Park”, è il vincitore della diciottesima edizione del Premio Vittorini, promosso dalla Provincia regionale di Siracusa, assieme ai romanzi di Chiara Gamberale con “Quattro etti d’amore, grazie” e di Paola Mastrocola con “Non so niente di te”.
Maugeri ha gentilmente risposto alle nostre domande sul suo romanzo vincitore e sul suo futuro da scrittore.
Con “Trinacria Park” è rientrato nella cerchia dei tre vincitori del Premio Vittorini. Come ha appreso la notizia e cosa ha provato?
«Ho appreso la notizia dai social network e dai siti web. Ho provato una grande gioia. Seguo il Vittorini da tantissimi anni e posso dire di essere un fan del Premio. Insomma, non nascondo la grande emozione e ne approfitto per ringraziare i giurati che hanno apprezzato “Trinacria Park” e che hanno deciso di sostenerlo. E, ovviamente, aspetto tutti i lettori del “Giornale di Siracusa.it” e tutti gli amici di Siracusa e dintorni alla serata di premiazione (che si terrà nel mese di settembre n.d.r.)».
Perché il titolo “Trinacria Park” e come è nata l’idea del romanzo?
«”Trinacria Park” è il nome di un grande parco tematico che viene costruito all’interno di una piccola isola siciliana. L’idea è nata proprio così. Ho immaginato l’esistenza di un’isoletta a circa venti chilometri di distanza dal litorale catanese, proprio di fronte all’Etna, per questo l’ho chiamata Montelava, all’interno della quale qualcuno ha deciso di impiantare un parco così grande da ricoprire quasi l’intero territorio dell’isola, con la giustificazione di procedere a una sorta di riconversione turistica del luogo… mentre le motivazioni reali sono ben diverse.
Come ho avuto modo di riferire in altre circostanze, metaforicamente il “Trinacria Park” potrebbe rappresentare una sorta di “sindrome da grande progetto”, la cui realizzazione non è dettata dall’urgenza e dal reale bisogno del territorio in cui nasce. Uno pseudosogno sognato da pochi a dispetto della necessità di tanti, un “lasciapassare” per entrare a far parte della Storia a tutti i costi; ma potrebbe anche essere il simbolo della “mediaticità” esasperata e della spettacolarizzazione alla massima potenza, della menzogna spacciata per verità. Non è un caso che il romanzo esca nella collezione Sabot/age delle edizioni e/o, che ha tra i temi forti proprio quello della menzogna.
Ma “Trinacria Park” è prima di tutto una narrazione che spero possa avvincere il lettore, un racconto dove le vicende relative alla realizzazione di un grande progetto si incrociano con le microstorie di tanti personaggi».
Nel suo romanzo parla di “effetto isola”. Che cos’è?
«”L’effetto isola” è un sentimento contrastante che viene descritto dal punto di vista del personaggio Gregorio Monti, il direttore artistico del Parco. È un sentimento contrastante, conflittuale, che lo assale quando si avvicina all’isola, (il luogo natìo). È un insieme di nostalgia, fastidio e senso di colpa. Cito un passaggio del romanzo: “Non è un capogiro, no. E nemmeno senso di disorientamento. È altra cosa, l'effetto isola. È amore per il luogo in cui si è nati, è nostalgia per un passato irrisolto, è senso di colpa per scelte incerte e opinabili”. E ancora: “È una malattia che scorre nel sangue di chi percepisce la ricchezza della storia, la bellezza della natura, il peso delle tradizioni, la zavorra delle contraddizioni. L'effetto isola è un virus, un male sano e oscuro che va incontro a pochi. I più lo reggerebbero malvolentieri, perché non aiuta a vivere bene né a essere moderni ed efficienti”».
Ha già futuri romanzi in fase di stesura?
«Se la scrittura di un romanzo inizia (come si dice) nella testa dello scrittore, ho decine di romanzi in fase di stesura. Se facciamo riferimento al “nero su bianco”, posso rivelare che ho buttato giù le prime pagine di un romanzo incentrato sull’Etna: ‘a Muntagna”».